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Burle e memorie del Mugello: il racconto di Pierluigi Recati

Dalla lingua mugellana ai personaggi del paese, un viaggio tra proverbi, aneddoti e scherzi di via Pananti nei ricordi dell’ex barista della Magnolia

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Pierluigi Recati, volto storico e memoria vivente di Borgo San Lorenzo, già proprietario del celebre Bar La Magnolia, torna a scrivere riportando alla luce un patrimonio di detti popolari, espressioni in vernacolo e burle di paese che hanno segnato la vita borghigiana per decenni. Nel suo racconto, ricco di ironia e nostalgia, si intrecciano scene di vita quotidiana, personaggi indimenticabili e feste di rione come quella di Santa Lucia in via Pananti, simbolo di un’epoca autentica, in cui il linguaggio e l’umorismo mugellano erano il cuore pulsante della comunità.

Burle  e scherzi  o  Sagre del Borgo

Negli anni ’80 in via Pananti nella prima settimana di settembre si faceva la festa di Santa Lucia, l'antico rione di Santa Lucia si trovava al termine di via Pananti. In via Pananti ci lavoravano diversi artigiani: Aldone (coppe e timbri), Sandro il tappezziere, Daniele il pellettiere, Alfredino il giornalaio, Gigi il barista, il Paff che era il fotografo, il Nave che seguiva la raccolta dei dipinti, Ideale che vendeva i biglietti della lotteria, Aldo Giovannini che teneva i rapporti con i pittori, il Dori che seguiva i pittori di Firenze. Erano l'anima e la vita della festa di Santa Lucia. In tale ricorrenza il rione veniva agghindato con festoni, luci e fiori. Venivano invitati i pittori del Mugello a esporre i propri dipinti e alcuni venivano anche da Firenze. Era una bella ricorrenza. Si faceva una lotteria e si regalava Vin Santo e biscotti a tutti; la gente accorreva da tutto il Mugello e anche da Firenze.

In Largo Lino Chini, la sera del sabato e della domenica interessata veniva fatto uno spettacolo di arte varia. C’era chi suonava e chi cantava; c'era l'Ubaldi che dal palco intratteneva i presenti. I pittori presenti con i loro quadri potevano vendere le loro opere. All'inizio della via venivano messi degli animali imbalsamati dal maestro imbalsamatore Bani della Gracchia. È stata la più bella festa del Mugello che sia mai stata fatta.

Il problema era che in quei giorni ci fosse bel tempo e non piovesse; fra l'altro si era raccontata una storia. Anche per la sfilata del Carnevale avevano il solito problema della pioggia. In quel periodo era presidente Amore, un Napoletano sposato a Borgo, dichiarava che durante la sfilata dei carri non sarebbe piovuto poiché lui avrebbe fatto una donazione a San Gennaro e San Gennaro avrebbe fatto la grazia, non avrebbe fatto piovere. Ma Amore smise di occuparsi del Carnevale e quindi cominciò a piovere e a questo punto, in Santa Lucia si pensò a rivolgersi a San Gennaro che, venendo via dalla sede del Carnevale in piazza Dante e passando da Santa Lucia, lamentandosi che al Carnevale non lo volevano più, gli artigiani di Santa Lucia lo chiamarono e gli dissero: «San Gennaro non piangere più, fermati qui da noi e insieme a Santa Lucia non farai piovere per la nostra festa». Sarà quel che sarà, ma per la festa di Santa Lucia in via Pananti per 15 anni non è mai piovuto.

Mi rammento della burla che fu fatta ai bottegai di Malacoda, dove era consuetudine che per le feste di Natale le vie del centro commerciale di Borgo venissero agghindate con le luminarie, e siccome Malacoda partiva sempre per prima, senza curarsi degli altri rioni interessati, gli artigiani di Santa Lucia decisero di burlarsi di loro e, al centro della via da loro agghindata, misero a notte inoltrata uno striscione rinominando la strada STRETTO BASTIAN DE BOBOLI, che erano i soprannomi dei due bottegai più rappresentativi di Malacoda, e all'inizio della via che parte da piazza Cavour, dove avevano messo al posto dello striscione una renna, ci fu messo un toro che sormontava la renna. Tutto è bene quello che finisce bene, ma ci furono dei bottegai di Malacoda che se ne presero a male e volevano denunciare gli artigiani di Santa Lucia.

Un’altra burla escogitata in quel periodo fu a carico dei Pievani delle varie chiese del Mugello, quando gli fu inviata per posta una lettera intestata alla Banca dell’Agricoltura, dove si invitavano a recarsi in banca per ritirare i soldi di indennizzo della guerra, nel martedì, giorno di mercato. Sembra che i bancari dovettero darsi un bel daffare per spiegare ai Priori che loro non avevano nessun mandato a pagare i danni della guerra; logicamente al di fuori della banca c'erano gli autori della burla a ridere. Un’altra burla quasi simile fu l'invio alle signore più in vista di Borgo di un invito a ritirare, nel negozio del Grana Markett di Borgo, un campione gratuito in omaggio del nuovo formaggio al profumo del Mugello.

Al Grana Markett ci fu un bel daffare a spiegare alle signore bene di Borgo che non c'era nessuna promozione sul formaggio e che non esisteva nessun formaggio al profumo del Mugello.

In quell’epoca esistevano personaggi come il Paff, fotografo della via, che con la fantasia del buon vivere univano anche lo spirito della burla, come quando a un vigile della stradale che diceva a Cipriano che a una multa che avrebbe dovuto fargli per un’infrazione grave, gliene faceva una più leggera, dove per differenza ci avrebbe guadagnato un bel po' di soldi. Cipriano gli rispose: «Se questo è un guadagno, ditemi dove siete domani mattina che vengo a cercarvi per guadagnare ancora». O la lettera che fu inviata alla Sig.na Martinelli dove il Marucelli, sempre alla Magnolia, dichiarava di volerla conoscere; la Sig.na Martinelli, che era una zitella, venne alla Magnolia a cercare il Marucelli, anche lui scapolo, chiedendogli di fare conoscenza, ma il Marucelli la smontò dicendole: «Ma chi t’ha cercato?»

Un’altra storia buffa è di quando si faceva il cinema al Martinelli, che prima di andare a girare la pellicola del film in programma, nell'appartamento del Martinelli, padrone del cinema, si era preparato per la cena un bel pollo arrosto, ma passando di lì Mauro del Verdi si mise a sedere e se lo mangiò; al Martinelli gli lasciò solo parte dell'insalata bella e pronta che diligentemente si era condito da sé.

Erano i tempi dove al bar si dissertava quanto era lunga la coda del gatto, e solo alla fine si dichiarava che la coda del gatto era lunga dal principio alla fine. O Mauro del Verdi, che al Foro Boario, a buio, si posizionava su un albero con le lampadine accese con una batteria per spaventare le donne che dopo cena lì si fermavano a conversare, o a Dicomano, dove fu messo su una chiapperella, divulgando una voce su una ragazza di nome Franchina, di facili costumi, che si concedeva a chi si trovasse sotto al ponte sulla Sieve a sera inoltrata; l'unica cosa che bisognava fare era stare attenti al fratello un po’ pazzo che poteva arrivare all'improvviso. Siccome era tutta una combine, i malcapitati che dai comuni vicini si recavano all'appuntamento con la Franchina sotto al ponte, si trovavano poi sempre ad essere inseguiti da un giovanotto ben piazzato che, con voce cavernosa e imponente, gli urlava dietro. Gli episodi accaduti raccontano come alcuni malcapitati, scappando tutti impauriti, siano caduti e alcuni si siano fatti anche male, con enormi risate fatte dai Dicomanesi che da sopra il ponte stavano ad aspettare che la scena si ripetesse. Da dire che qualcuno, non contento di essere scappato una prima volta, chiedeva di riprovarci almeno una seconda volta.

Da dire anche delle burle fatte al tabernacolo di Montazzi, dove si sparse la voce che alcuni morti periti per incidenti stradali in quella località si lamentavano alla notte; il tutto in funzione che qualcuno, da dietro il tronco della grossa quercia, si poneva lì a fare dei lamenti. Sembra impossibile, ma diversa gente si recò ad ascoltare i pianti e i lamenti al tabernacolo che si trova all'inizio della strada che va verso Montazzi su per San Cresci, scappando poi via di corsa al primo lamento sentito.

In quell’epoca erano molti i personaggi particolari che al bar si esibivano raccontando le loro storie, in special modo Rolando Marucelli, che con la barroccia andava a prendere i vitelloni in campagna da portare al macello per i macellai, aveva una dialettica forbita da grande avvocato, raccontando tanti avvenimenti accaduti ai personaggi da lui incontrati. Per esempio, l'episodio accaduto quando il cav. Barletti gli chiese di organizzare con un vetturino la trasferta in Romagna per andare a vedere l'arrivo di una corsa ciclistica dove vi partecipava il Boni e il Nencini; il fatto sta che il Marucelli fissò la trasferta anche con il Capitano, che notoriamente era un rompipalle che sosteneva sempre tutto e il contrario di tutto. Al che il cavalier Barletti, sopportando per tutto il viaggio il Capitano, cercò invano di ricondizionarlo, dicendogli: «Ma signor capitano, cosa dice?» La mattina seguente il cavalier Barletti cercò il Marucelli e gli chiese: «Ma Rolando, quel signore che è venuto con noi a vedere l'arrivo della corsa, di che cos’è capitano?» Rolando a questo punto gli rispose che non era un capitano vero ma veniva chiamato così per soprannome. Il cavalier Barletti, persona educata e gentile, non rivolse più la parola al Marucelli per un anno.

Il Marucelli raccontava anche di come durante la guerra, essendo stato fatto prigioniero in Africa, si era ritrovato in un campo di prigionieri degli americani e che l'errore più grande della sua vita era stato, alla fine della guerra, di essere tornato a casa e non essere andato con gli americani, perché il periodo più bello della sua vita era stato quello da prigioniero con gli americani. Il Marucelli aveva un cavallo da tiro per la barroccia, che portava a pascolare lungo i bastioni delle Cale, dove lo lasciava libero di muoversi a suo piacimento; alla sera il cavallo rientrava da sé attraversando la strada al ponte Rosso e aspettava fermo al cancello che Rolando gli aprisse per ritornare nella stalla. Quando una vigilessa intese fargli osservazione perché il cavallo attraversava la strada d'ingresso al paese da solo, il Marucelli le disse che il suo cavallo era un animale molto intelligente da non fare male a nessuno e che, se gli avesse messo sulla testa il cappello della vigilessa, avrebbe diretto il traffico meglio di lei. Quando da anziano i commercianti di bestiame andarono a offrirgli di acquistarlo per il macello, gli rispose che il suo cavallo, che si chiamava Roberto, era in pensione e sarebbe rimasto anche lui in pensione sempre insieme a lui.

Era il tempo dei personaggi tipici che con le loro battute entusiasmavano la gente di paese, come quando a uno di Scarperia, che faceva il giro del Mugello a raccogliere i coltelli da far affilare ai coltellinai di Scarperia, che si chiamava Sette, un signore intese chiedere informazione a Sette, che effettivamente era un po’ strano; in giro si diceva che Sette avesse la coda, chiamandolo: «Ho! individuo?» al quale Sette rispose: «Individuo a me? Intanto, troia tu, ma poi mi informo e quando so cosa vuol dire individuo, ti rompo la faccia».

Era il tempo che non tutti sapevano leggere o scrivere, ma che in ogni modo sapevano far di conto, come quanto emerso all'episodio accaduto a Marmarica, che andava a mettere un banco ambulante per vendere le forme di formaggio pecorino alla fonte dell'alpe. Quando una sera si fermò un’auto, dove scesi dei giovinastri lo derubarono degli incassi; quando gli fu chiesto perché non avesse preso il numero di targa della macchina dei malviventi, dovette confessare che lui sapeva far di conto ma non sapeva né leggere né scrivere.

Lo spettacolo maggiore di quell’epoca era il mercato settimanale del martedì, dove i contadini del Mugello portavano i loro animali per la vendita, dove i mediatori e i sensali facevano le stime ad occhio del peso degli animali da vendere. Una particolarità che io rammento era quella che il compratore degli animali, dopo che il mediatore era riuscito a congiungere le mani del venditore con quelle del compratore, atto che determinava la validità della vendita, andava a declamare e pretendere dicendo che se il venditore non si dichiarava soddisfatto del prezzo pattuito dal mediatore, non riteneva il contratto valido e diceva che se il venditore non si dichiarava contento e soddisfatto, gli animali non li voleva, poiché non gli avrebbero fatto bene e non si sarebbe dimostrato un buon affare. Il tutto perché alla fine della contrattazione i rapporti fra compratore e venditore dovevano in ogni maniera rimanere di stima e di amicizia. Come quando a Filiberto, commerciante di bestiame e di tutto un po’, gli fu chiesto come faceva e riusciva a concludere ogni affare che gli capitava di proporre? Dicendo che riusciva sempre a vendere ciò che aveva comprato perché riusciva sempre a trovare un compratore più ingenuo di lui.

Detti popolari Mugellani

Riprendo la penna in mano, è da tempo che non riuscivo a farlo. Mi piacerebbe scrivere a ruota libera, in Mugellano. Delle cose nostre, dei nostri fatti, dei nostri costumi . Uomo di popolo, non so se potrò, ma ci provo, ormai il Mugellano non lo si sente più parlare. Dopo tante correzioni degli insegnanti a scuola, è diventato prezioso come le cose rare, antiche, passate:

  • e, i che vò cù? = Cosa vuoi 
  • I che cegli? = Cosa c'è
  • Tenee....icche t'ha da di? = TU cosa hai da dire
  • Icche fa cù? = che cosa fai?
  • Che sa a di d'anda? = E' tempo di andare via
  • Tu ma a di un dò! = Mi devi dire dove
  • ma un do va cù? = Ma dove vai
  • Tu me l'ha a di te! Diamine = E' una cosa che già conosco non ho bisgno che me lo dici tu
  • Le mi engano cosi, diamine = Questo è il risultato 

Cosa vuol dire diamine? E' un affermazione di consenso? oppure una non risposta che lascia l'interlocutore. incerto sul senso della risposta?

  • Sapete come si salutano i Borghigiani? Eii!!! Ooo!!
  • E ai Vicchiesi? V'è la luna nel pozzo.
  • Agli Scarperiesi ? Tu vieni dalla guazzatoia.

Poi ci sono i detti e gli aneddoti popolari:

  • Quando la Sieve mesce, l'Arno cresce
  • Scarpe grosse cervello fino
  • Nelle botti piccole ci sta il vin buono
  • Con il tempo e la paglia si maturano le sorbe e le canaglie
  • A tavola, pan di un giorno e vin di un anno
  • A tavola non s'invecchia
  • Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino
  • Mal voluto non 'è mai troppo
  • Chi è causa del suo mal pianga se stesso
  • Per dire di condividere un progetto di gruppo: io sto coi frati e zappo l'orto
  • Chi va al mulino s' infarina. Per dire di trovarsi nella peggior situazione,
  • Come stai? Come sto? Son scalzo e gnudo e contadino di un prete.
    Poiché essendo soggetto al lavoro del podere della canonica non poteva nemmeno arrangiarsi, perché poi doveva andare dal prete a confessarsi.
  • Per dire di una mentalità arretrata: Tu sei più indietro della martinicca.
  • Piove e c'è il sole, la Madonna coglie un fiore lo coglie per Gesù, e domani un piove più.
  • Rosso di sera bel tempo si spera.
  • Se rannuvola sulla brina, acqua o neve prima di domattina, quando il cielo è a pecorelle, domani, acqua a catinelle.
  • A chi brontola quando piove: Sai cosa fanno a Praco quando piove? Lasciano piovere!
  • Quando il pettirosso s'avvicina, la neve l'è vicina.
  • Nel giorno della candelora guarda fora, se vedi poco spera molto, se vedi molto spera poco.
  • Il Chioga è sull'albero a rubar frutta, il contadino vede il Chioga e gli dice: i che tu fai Chioga sul pero? I bischero, tu m'hai visto
  • Per dire di un soggetto malvagio che non cambia: il lupo... perde il pelo ma non il vizio.
  • Per generalizzare un fatto e dire che lo fanno tutti: Tutti era il cane del Pecori
  • Per un lavoro mal fatto, il muratore disse al manovale: reggi la cappa..che vò a riscuotere
  • Chi semina zizzania raccoglie tempesta
  • A chi dice di non aver paura: La paura è come la voglia di ca..re. vien tutta insieme
  • Chi va piano va lontano, chi va forte va alla morte
  • Chiedere è educazione, rispondere è cortesia.
  • Pesce fegato e uova, più le cuoci e più si assodano.
  • Una mela al giorno leva il medico di torno
  • Dimmi come mangi e ti dirò chi sei
  • Per definire una cosa incerta: non è né pesce né carne
  • Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire
  • Gallina vecchia fa buon brodo
  • Nella notte al marito agitato che non riesce a prender sonno la moglie gli chiede ma cos'hai da stare sveglio? 
    Il marito risponde: domani scade la cambiale del Rossi e io non ho i soldi per pagarla, la moglie prende il telefono chiama il Rossi e gli dice: mio marito è stato sveglio fino ad ora, domattina non ti paga la cambiale, ora stai sveglio un po' Te.
  • Per pagare e morire c'è sempre tempo.
  • Agli indolenti: chi dorme non piglia pesci.
  • A chi è agitato: che t'ha morso la tarantola?
  • Per identificare i confini del Mugello: dalla balza dei Frati a Batti-Denti.
  • Per definire una situazione precaria e rischiosa: il rospo disse l'andrà anche bene...ma il contadino aguzza il palo.
  • Per dire che non esistono volontà e presupposti che portino a conclusioni positive nel Mugello si dice che: con l'acqua non si fa farina.
  • Per la gente che sta sempre zitta e cova sotto, le acque chete rovinano i ponti.
  • Dal barista (Pans ) che avvertiva il cliente di non poter più dare consumazioni a credito, dicendogli:
    Amedeo da oggi non si segna più....Amedeo Rossi a tamburo battente rispose, mente bona!
  • Al frate che diceva: siamo tutti fratelli, una voce rispose: si siam tutti fratelli.. ma. fino a un quarto a mezzo-giorno
  • La donna che camminando muove l'anca o è put....na o poco ci manca.
  • Per chi deve prender moglie , donne e buoi dei paesi tuoi
  • Per stabilire le fasi della luna: gobba a ponente luna crescente, gobba a levante luna calante.
  • Per dire che una cosa è faticosa, senza sosta, è come tirare un carretto in salita, perché non ci si può fermare
  • Il Ca.z...zo ( membro ) ritto non vuol consigli
  • Il Lisi rispose al saluto del farmacista di Marradi: Finché la bocca prende e il culo rende... Vò in culo alle medicine e a chi le vende
  • Chi ha tempo non perda tempo a chi parla a vanvera
  • Posa il fiasco
  • Il Rossi diceva non è importante svegliarsi presto la mattina l'importante è essere svegli .
  • La vita l'è fatta a scale, c'è chi le scende e chi le sale
  • Così si usava dire a chi non piaceva l'acqua a tavola: acqua tu sei e rispettar ti devo per lavarmi sì, ma bere non ti bevo.
  • Il mio amico Macellaro diceva della morte , un salto e un belo

 

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