
Si è tenuto ieri alla Prefettura di Firenze, a Palazzo Medici Riccardi in via Cavour, il convegno dal titolo “Crisi e trasformazioni del principio di legalità”. Il Prefetto della città Alessio Giuffrida, il prof. Giuseppe Acocella (coordinatore del comitato tecnico-scientifico dell’istituto di studi politici “San Pio V” di Roma), il giudice della Corte Costituzionale e rinomato docente universitario Paolo Grossi, il consigliere di Stato ed ex-Prefetto di Roma Carlo Mosca, assieme al Sottosegretario all'interno Domenico Manzione, hanno tentato di rispondere ad una domanda tanto complessa e articolata, quanto necessaria: che cosa si può fare in modo effettivo e concreto per cementare la cultura della legalità? Nella suggestiva atmosfera del Salone Carlo VIII non sono mancanti spunti interessanti e ricostruzioni esaustive per analizzare lo stato del sistema giuridico contemporaneo. Quello che emerge è il quadro di un’Italia in cui ad una costante, e quasi ridondante, esibizione “muscolare” del Principio di legalità, non corrisponde un riscontro concreto e funzionale all’interno della società civile: l’ordinamento giuridico della Nazione, cioè, non sembra essere del tutto in linea con le esigenze dei cittadini. Con un intervento deciso il prof. Grossi - tra i massimi giuristi italiani - ha sintetizzato il problema, affermando che “il diritto che regola l’ordinamento di un Paese non può non tener conto delle spinte dal basso, delle esigenze della popolazione”, e “dovrebbe allontanare le astrazioni e i tecnicismi, seppur perfetti, per occuparsi dei fatti, dell’attualità, delle richieste del momento storico”. Nonostante leggi “stilisticamente” impeccabili, infatti, il Bel Paese non è affatto esente da crimini di natura strutturale: i recenti casi di corruzione venuti a galla non fanno che confermare queste ipotesi (si pensi, per esempio, agli scandali ANAS in Toscana o nella capitale). D’accordo con professore fiorentino, Carlo Mosca ha puntato il dito anche sulla possibile inadeguatezza del Parlamento italiano a farsi carico del Principio di legalità, cardine della democrazia: l’aumento della quantità e il peggioramento della qualità delle leggi hanno portato l’organo legislatore del Paese ad una sostanziale miopia per quelli che sono i bisogni reali della società civile. Troppo spesso si assiste al fenomeno delle leggi delega che minano i fondamenti della Costituzione, e troppo spesso il potere dei parlamentari, così come dello Stato, obbedisce a logiche di partito, o si adopera per fini privati, cioè economici. La strumentalizzazione della legge ha generato, dunque, modificazioni nel concetto di diritto, che devono prima essere percepite e analizzate, poi combattute: se una crisi delle prerogative parlamentari esiste, va riconosciuta. Secondo il sottosegretario Manzione, però, il concetto di crisi potrebbe essere anche sinonimo di opportunità, quindi di possibilità di miglioramento. Il convegno - di circa due ore – si è concluso con dubbi e domande a cui saranno necessarie risposte precise e risolutive. L’unica certezza, che rimarrà tale, sembra non essere sindacabile: legiferare contro il sentimento comune della cittadinanza non è più accettabile.