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La centralità dei territori periferici nell’informazione locale

Un interessante riflessione che mette in luce lo spirito del nostro giornale

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Lorenzo Somigli Lorenzo Somigli © n.c
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Localismo è una parola che tutt’ora crea diffidenze. È vista come sinonimo di chiusura e regresso ma non è così. La tendenza globale a erodere specificità e caratteristiche, spinge le comunità locali a riscoprire usi, tradizioni, consuetudini e soprattutto legami che sembravano archiviati. Un riequilibrio rispetto al livellamento e all’omogeneità imposta dai tempi odierni. Localismo quindi è la valorizzazione di un mondo che sembrava sparito ed è invece centrale nella vita degli individui e la presa di coscienza che non vi si vuole rinunciare.

In questa temperie anche l’informazione ha subito evoluzioni profonde. Media differenti che si uniscono, gruppi che vengono assorbiti da colossi nazionali e internazionali. Sempre meno redazioni locali, sempre meno redazioni fisiche. Il digitale sostituisce la carta stampata. L’approfondimento si restringe ad un coté di lettori eruditi, il grande pubblico ha fame di notizie che si bruciano in fretta. Immagini e video hanno il primato sulla parola.

Come in qualsiasi fase di cambiamento è difficile prevedere gli esiti o valutare conseguenze come positive o negative alla luce di quel che prima c’era. Sono cambiamenti di cui prendere semplicemente atto e agire di conseguenza. Certo è che l’informazione ha perso terreno ma non solo per l’avvento del digitale. Anche per la crisi di quegli attori che prima la sostenevano. Finanziariamente ma non solo. In Italia molti giornali avevano gruppi economici come riferimento e partiti politici come base ideologica. Allo sparire dei capitali e all’evaporazione delle ideologie, quei giornali hanno chiuso o sono stati costretti a mutare.

In questi spazi sono prosperati nuovi strumenti di condivisione, comunicazione, dibattito e protesta. I social sopperiscono, non senza controindicazioni lampanti, ai vuoti lasciati dai giornali. Le notizie, anche se non verificate, transitano prima nei canali social e non di rado divengono una fonte preziosa per i giornali stessi. Spariscono le redazioni e gli inviati, rimangono le notizie, i lettori e quella voglia di confrontarsi che costituisce il fondamento di una democrazia matura.

Una forma di giornalismo che sta riscuotendo successo è l’informazione locale incentrata su territori precisi, delimitati e che attinge a notizie locali ma le seleziona, le filtra, le verifica. Quasi tutti i comuni hanno un portale, un blog, quando non un vero e proprio giornale di riferimento, spesso gestito da coloro che prima coprivano quella zona per un giornale o chiuso o che ha dovuto tagliare redazioni e redattori. Questi organi diventano in breve tempo un collettore per notizie, un osservatorio sui fatti locali, uno specchio sulle tradizioni, le realtà sportive, per quel mosaico di associazioni che attivano le migliori energie delle comunità, oltre a essere una piazza virtuale di confronto e scontro democratico.

A Firenze non mancano certo dei poli di informazione di qualità. Lo spunto che può rendere utile alla collettività OK!Firenze, figlio del già rodato OK!Mugello, è dar voce a quelle porzioni di città che tendono a sparire nelle narrazioni. Agglomerati diversi, con vistose specificità, rilevanti dal punto di vista demografico ed economico. Si tratta dei quartieri, l’unità amministrativa di taglio più basso e viceversa più vicina alle esigenze dei cittadini. Basti pensare al Quartiere 5 che supera i 100 mila abitanti e che congiunge Le Piagge con il Poggetto passando per Novoli. Non è ovviamente il solo caso perché anche in quartieri meno popolosi esistono grandi diversità. Rioni e quartieri devono ritrovare spazio nel dibattito cittadino perché Firenze non è solo il suo centro, anch’esso molto sfaccettato al suo interno.

OK!Firenze può diventare il giornale delle centralità periferiche.

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