
Era ovvio che la visita della commissione d’inchiesta bis, a suo modo storica, portasse delle conseguenze immediate. E lo si è visto nel botta e risposta tra dipendenti “esterni” e vittime, ancora una volta chiamate a testimoniare le orrende verità che hanno fatto della vicenda Forteto un caso nazionale. Dichiarare di “non aver visto” ha scatenato l’indignazione di chi non può più accettare il protrarsi di una situazione logorante: un tunnel senza fine, con molte ombre e pochissime luci. La polemica con gli “esterni” va però contestualizzata. Come ha dichiarato Giovanni Donzelli (FdI) a Ok!Mugello "non è verosimile credere che tutti siano colpevoli”. L’errore sta però nella strategia con cui si sceglie di battersi per le proprie motivazioni, nella fattispecie riguardanti il mantenimento del posto di lavoro e le preoccupazioni per il futuro di una cooperativa che vale ancora milioni di fatturato. Presentarsi costantemente come un’entità serrata e chiusa in se stessa (tramite comunicati, pagine facebook, ecc.) non tutela i singoli. “Saremo felici di ascoltarli – ha continuato Donzelli - di prendere atto delle loro richieste, esaminare i diversi casi, ma parlando sempre in blocco non ci aiutano a farlo”. C’è da domandarsi: come mai, per i dipendenti, le rassicurazioni di chi porta avanti le indagini sembrano non valere quanto le probabili imposizioni, se non vere e proprie intimidazioni, provenienti dalle zone d'ombra del Forteto? Secondo Donzelli nella cooperativa si è creato un clima strano. "E’ come quando finisce un regime - ha detto - e si è convinti che non possa esserci un proseguo, che tutto debba finire; c’è un pesante condizionamento ambientale ai danni di queste persone, ma in realtà non è vero niente, collaborando la situazione potrebbe risolversi”. Che ci siano rapporti ambigui, peraltro non ancora svelati del tutto, tra cooperativa e associazione (ex-comunità) è ormai chiaro. In questo senso sono da considerare i terribili dettagli emersi in questi giorni, in contrasto con quanto affermato in precedenza dai dipendenti; o la permanenza in ruoli non definiti (ma comunque stipendiati) di Goffredi e Pezzati all’interno della struttura; fino alla richiesta dei dirigenti di una sospensiva alla Corte di Appello per non pagare le provvisionali alle vittime, cioè gli anticipi sui risarcimenti, evitando così di arrecare all’impresa “un pregiudizio irreparabile” o una “paralisi operativa”. Tutto questo fa riflettere: davvero si stanno usando i mezzi giusti per scavare fino in fondo? La commissione d’inchiesta regionale, per quanto sia doveroso riconoscere gli sforzi di chi la compone (Bambagioni, Quartini, Donzelli, Mugnai, Alberti) ha finora il grande merito di aver dimostrato la sua stessa inadeguatezza: e cioè la necessità, inderogabile, di una commissione parlamentare d’inchiesta, che abbia le prerogative (e i dovuti limiti) di un’autorità giudiziaria. “Noi i poteri di una commissione parlamentare ce li sogniamo – ha continuato l’esponente di Fratelli d’Italia – siamo impotenti di fronte alle amnesie e le risposte vaghe, non possiamo obbligare nessuno a presentarsi per testimoniare, e purtroppo diversi soggetti si permettono di non venire: avessimo più libertà di azione manderemmo i carabinieri a prelevarli”. E poi: “Abbiamo chiesto di visionare i bilanci della cooperativa, ma c’è stato negato il permesso (…) In pratica, ci affidiamo al buon senso, e il buon senso nella storia del Forteto è morto all’inizio”. Certo, il lavoro fin qui svolto non è da denigrare: a giungo, a meno di eventuali proroghe, dovrebbe terminare il mandato della commissione bis, e in quel momento sarà presentato il resoconto di tutti i mesi d'indagine, su cui poi la Regione dovrà fare ulteriori valutazioni. Ma il problema esiste: soprattutto per giungere a al commissariamento, tanto invocato, e forse unica ancora di salvezza della realtà Forteto. Accantonando le ipotesi di dolci transizioni, infatti, Donzelli conferma come quella del commissariamento sia l’unica via di salvezza per l’azienda. “Sarebbe importante, anche e soprattutto per la credibilità della cooperativa, al di là di quella che possa essere la percezione dei dipendenti. Mi spiego: come fa un cittadino a voler investire il proprio denaro in quei prodotti, se sa che i suoi soldi finiscono in tasca a gente tipo Goffredi? E’ una questione di rapporto col pubblico, e quindi il commissariamento è fondamentale non soltanto per chiarire l’intero quadro della situazione, ma anche per valorizzare la qualità del lavoro svolto finora”. Intanto, la Cooperativa, incalzata dalle nostre domande, fa sapere di non voler rilasciare dichiarazioni a causa dell’attuale clima “caotico”; e si trincera dietro a un no-comment. Ma, come si diceva prima, in virtù della volontà di non procedere coi risarcimenti anticipati sentenziati dal tribunale (in tutto quasi un milione e mezzo), attendendo i successivi gradi di giudizio, c'è chi vorrebbe spiegazioni che vadano oltre le ragioni di fatturato. Arriveranno?