
E’ durato tre ore, nel pomeriggio, il vertice del Pd regionale sul caso Forteto. Alla sbarra Paolo Bambagioni e quella firma che accusa pubblicamente il partito di aver coperto – a più riprese e in vari frangenti – tutto le manovre di Fiesoli e compagni. E che, per questo, non avrebbe dovuto esserci. Il presidente della commissione Bis, a poche ore dalla presentazione del dossier sull’inchiesta, di fatto, era stato sconfessato dalle parole di Leonardo Marras (capogruppo Pd in Consiglio) e Antonio Mazzeo (vicesegretario del Pd toscano). «Non si pensi che si possano ottenere verità e giustizia semplicemente sparando nel mucchio», era stato il monito. Al termine di un’accesa discussione, però, Bambagioni ha resistito: non ritrattando il lavoro svolto in 9 mesi d’indagine; convinto delle denunce e delle richieste avanzate nelle 85 pagine scritte assieme agli altri consiglieri (Sarti, Donzelli, Alberti, Mugnai, Quartini). Altrettanto decisa, dopo l’incontro, la posizione di Marras: «Abbiamo ribadito con forza gli obiettivi che il Partito Democratico si è dato – ha commentato - e cioè affermare la verità e la ricerca delle responsabilità specifiche sia della politica che di tutta la pubblica amministrazione». Però: «Più voci hanno stigmatizzato i passaggi della relazione in cui si dà un giudizio politico generale negativo, senza distinzioni, verso il cosiddetto sistema toscano». In attesa della discussione in aula, e con l’imminente sentenza della Corte d’appello il 29 giugno, si apre un nuovo scenario. Un braccio di ferro imprevisto, ma di cui nessuno può dirsi veramente stupito. Bisognerà scegliere: andare fino in fondo, coinvolgere il Parlamento e spingere per il commissariamento dell’azienda, oppure, cercare un compromesso. L'unico punto fermo: il verdetto dell’indagine non può cambiare.
Luigi
iL KGB VUOL COLPIRE ANCORA. L'ABERRANTE IDIOLOGIA SCONFITTA DAL TEMPO E DALLA STORIA. NEGARE,NERGARE,NEGARE