Dossier a cura dello psicologo Loris Pinzani. L'attacco di panico è classificato tra i disturbi d'ansia. Si tratta di episodi in cui si manifesta una intensa paura non dovuta a motivi apparentemente plausibili. Nel corso della crisi, spesso è assai violenta, hanno luogo sintomi fisici e psicologici particolarmente accentuati. Accade sovente che il soggetto che ne sia colpito associ la sua condizione a un attacco di cuore e sia certo del sopraggiungere della fine.
Solitamente il disturbo ha comparsa nel corso della tarda adolescenza fino alla prima età adulta, ma non sono rari i casi in cui l'insorgenza sia successiva a questo periodo; l'incidenza è maggiore nel genere femminile in modo significativo e oltre al momento critico il disagio che ne resta riguarda il terrore intenso e persistente di essere ancora oggetto di un nuovo attacco. La manifestazione ha durata relativamente ridotta e spesso tutto si risolve nell'arco di decine di minuti, nei quali oltre ai sintomi detti possono manifestarsi dolore al petto, tremore, sensazione di soffocamento, di svenimento, tachicardia, paura di perdere il controllo intensi brividi ed altre manifestazioni legate alla potenza della manifestazione. In particolare il DSM, Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, stabilisce che siano presenti almeno quattro di una lista di tredici sintomi possibili.
Pare che sia possibile una certa ereditarietà familiare dei disturbi d'ansia e nello specifico è plausibile la comorbilità con disfunzini depressive di varia entità che precedono o coesistono con gli attacchi in questione. Le cause del singolo attacco di panico o della sua ricorrenza sono ancora oggetto di indagine, implicando aspetti tanto psicologici quanto biochimici. Tuttavia, al di là della frequenza statistica, la condizione che spesso si presenta nel corso di una indagine clinica di tipo psicologico è quella di una disregolazione dell'impianto affettivo individuale, come se fosse intervenuta una carenza strutturale nel corso del processo di sviluppo del soggetto in modo che si sono rivelate carenti alcune delle condizioni che consentono una rassicurazione di fondo, una legittimazione individuale, tale che non si senta mai completamente corrispondente alla propria realtà, come se non si percepisse mai adatto a vivere nella piena soddisfazione; tutto questo nonostante le rassicurazioni che l'ambiente può forire. In sostanza è come se mancando una forma iniziale e primaria di certezze, venisse a mancare una rassicurazione che sia in grado di dare all'individuo la consapevolezza della propria esistenza.
Proprio in fasi di vita in cui si acuisce il senso di insicurezza dovuto alla somma degli eventi, pur senza vederne alcun collegamento, può accadere che si manifesti un senso di inadeguatezza. Tutto questo molto spesso non corrisponde ad una condizione reale di cui si è consapevoli, dal momento che interagiscono insieme a questi elementi un numero di fattori che sono in gran parte al di fuori di quello che si riesca a percepire o comprendere, sfuggendo al pensiero razionale. Ora, talvolta i motivi di questa ipotesi sono facilmente rintracciabili nella storia dell'individuo, mentre in altre occasioni il quadro appare confuso, tuttavia nella gran parte dei casi la mia personale esperienza di osservazione conduce a ritenere che il disagio sia sedabile in ambito psicologico intervenendo in questa direzione.
Molti sono gli approcci psicologici possibili nel trattamento. In questo periodo è in studio un piano della coscienza, il Piano alfa; se ne fosse accertata la consistenza scientifica potrebbe essere usato nelle psicoterapie rivolte al trattamento di questo e di molti altri disturbi mentali.
In ogni caso il risultato appare possibile coadiuvando la psicoterapia con apporti specialistici di tipo farmacologicio, rivolti anche a sedare il terrore che si ripresentino attacchi successivi a quegli già avvenuti.