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Il 25 aprile, la Liberazione, l'Antifascismo. Una riflessione di Marco Nardini

In questi giorni se ne è parlato molto. Bene! Parlarne va sempre bene. Il passo ulteriore è parlarne in modo adeguato. Come?

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25 Aprile 25 Aprile © nc
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I punti di vista sono diversi, da affrontare in modo diversamente opportuno. C'è il punto di vista di chi ha vissuto personalmente quelle esperienze. Persone portatrici di una posizione legittima ma che debbono porsi verso la collettività tenendo conto di essere rimasti in pochi, di essere anziani (che parlano non solo ad anziani ma anche, e soprattutto, ai giovani, i quali hanno un modo di approcciarsi naturalmente diverso); che quei fatti sono "visti" da quasi tutti gli altri come appartenenti più alla storia che alla cronaca; che in mancanza di una tale adeguata consapevolezza la rappresentazione dei fatti viene travisata e ottiene l'effetto opposto a quello perseguito.

C'è il punto di vista storico, che versa nella difficoltà di stare in un momento difficile, in cui questi fatti sono sentiti ancora oggi sulla carne, se non propria almeno dei propri genitori e nonni. Un momento in cui quei fatti non sono più cronaca ma non sono ancora storia, in cui il rischio di accapigliarsi su qualcosa di inconsistente è alto.
C'è il punto di vista politico, che dovrebbe essere quello privilegiato ma che è invece quello che crea maggiori problemi perché è contaminato da pregiudizi e strumentalizzazioni opportunistiche.
C'è il punto di vista...

In sintesi, parliamone ma parliamone con la consapevolezza adeguata, cercando di capire bene il punto di vista nostro e quello delle persone a cui ci rivolgiamo.

Ciò premesso pongo una questione che nel dibattito di questi giorni mi pare non posta o posta in modo inappropriato: l'antagonismo.
Quasi tutto quello che si legge, salvo rare lodevoli eccezioni di qualche accademico, è determinato o comunque fortemente condizionato dall'antagonismo, dal porsi con pregiudizio CONTRO qualcosa o qualcuno anziché porsi PER l'interesse generale.
Il linguaggio usato tende a usare il prefisso ANTIqualcosa.
E' un modo che esprime una posizione aprioristicamente eterodeterminata, rigida, indisponibile.
E' un fattore che induce in diverse persone una reazione oppositiva: sono convinto che molti di quelli che si dicono fascisti lo fanno più per antagonismo che per convinzione, più per essere a loro volta ANTI/antifascista che per altro.

Un esempio sono i fatti delle foibe. E' evidente che i misfatti del fascismo sono misfatti come le foibe. E' altrettanto evidente che la portata, la misura dei primi non è paragonabile alla portata/misura delle seconde, sia quantitativamente che qualitativamente, sia perché i primo hanno agito nella barbarie e i secondi hanno reagito alla barbarie seppure con un atto barbarico. Le destre tendono però ad esaltare le foibe non tanto per quei fatti in sé ma soprattutto in antagonismo a chi contesta i misfatti del fascismo.

Dobbiamo quindi procedere nella consegna del fascismo alla storia, affrontarlo senza perderne la memoria, anzi, ma al contempo con gli occhi dello storico. E dobbiamo con ciò adeguare il linguaggio, evitare parole come ANTI... che alimentano i rancori ed usare invece parole come giusto e sbagliato, vizio e virtù, buono e cattivo, ..... che non sminuiscono il disvalore del fascismo, tutt'altro, ma che consentono invece di essere più autorevoli verso tutti, compresi i fascisti, nel sostenere la verità storica su questo fenomeno.

 

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