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'Numero Primo'. Recensione e impressioni dello spettacolo - studio di Paolini

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Tutto esaurito e posti in piedi ieri sera (sabato 7 novembre) al Teatro Corsini per il nuovo spettacolo di Marco Paolini. L'attore bellunese ha scelto Barberino per presentare “Numero Primo”, un lavoro volutamente non del tutto compiuto e definito, che rappresenta una tappa-studio per quello che sarà il suo prossimo Album. Un'opera proposta come un work in progress, che racconta di un padre e di un figlio che si muovono nel Nord Est italiano, tra le nevrosi della modernità, l'invadenza della tecnologia ed ipotetici scenari geografici e sociali del prossimo futuro . Ad introdurre lo spettacolo il saluto del sindaco di Barberino Giampiero Mongatti, seguito dall'intervento del Presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, che ha sottolineato l'impegno del teatro Corsini nella diffusione della cultura, e la vitalità che lo rende capace di portare a Barberino artisti del calibro di Paolini. Che rappresentano per la comunità mugellana una grande risorsa e sono al contempo “motivo di orgoglio per l'intera regione toscana e per tutti coloro che vi abitano”. Lo spettacolo, iniziato intorno alle 21.30, si è sviluppato in due ore intense di sapiente teatro. Con Numero Primo, Paolini ha ripreso il filo di una narrazione autobiografica e ha coinvolto il pubblico con la sola forza della parola e del gesto. Nessun accompagnamento musicale o animazione video questa volta, solo luce profusa, un leggio al centro del palco ed un'altalena dei giostrai sullo sfondo. Paolini non è solo sulla scena : una decina di persone scelte dal pubblico in sala occupano vecchie sedie da cinema ed assistono al lavoro direttamente dal palco, al fianco dell'attore come si trattasse delle prove di scena, ciò a rimarcare che “Numero primo” è uno spettacolo-bozza, un'opera aperta e da completare, che viene testata ed aggiustata di volta in volta su un pubblico-cavia diverso, in attesa della forma finale. Con “Numero Primo” Paolini cambia registro rispetto agli Album precedenti. La generazione che racconta non è quella di “Tiri in porta” o di “Miserabili”, ma è quella attuale, drammaticamente “alle prese con una pervasiva rivoluzione tecnologica”. A sessant'anni l'attore-autore non sente più il bisogno di guardarsi indietro e ricostruire la biografia collettiva del nostro paese, ma preferisce immaginare il futuro. E lo fa partendo dalla storia di una paternità sui generis, distolta dal naturale contesto riproduttivo ed ottenuta attraverso un atto notarile. Ettore-Achille, protagonista e voce narrante, diventa padre naturale senza alcun atto sessuale, scelto da Hechnè, una donna siriana morente, che ha cercato nella “ragnatela” del web un uomo cui affidare il proprio figlio. Il bambino ha cinque anni e si fa chiamare Numero Primo. Luogo di cessione del bimbo le tazze da caffè rotanti di Gardaland, simbolo di un futuro privo di ogni determinatezza. Attraverso la storia di Ettore e di suo figlio-nonfiglio, e grazie alla straordinaria capacità affabulatoria di Paolini, il pubblico del Corsini ha viaggiato attraverso ipotetici ed inquietanti paesaggi geografici ed umani dell'Italia di domani. Siamo entrati così nel paese dei Balocchi, una multinazionale specializzata in riproduzioni in scala di tutto, abbiamo attraversato la terra di mezzo spazzata dai tornado, il valico di Mestre, l'ospedale dell'Angelo, siamo passati per la tangenziale tubo digerente, ed abbiamo sostato nella multietnica e rumorosa via Piave tra cinesi, siriani, neri del Corno d'Africa e afghani. Poi il ghiaccio del porto di Marghera, divenuto un centro di produzione di neve finta poiché quella vera non cade più, fino alla scuola Steve Jobs già Giosuè Carducci, una sorta di Grande Fratello dell'infanzia che offre ai genitori un collegamento in diretta con ciò che accade in aula. Le immagini si sono susseguite rapide, talvolta senza alcun legame apparente, in un incalzare incessante di nomi, scene, azioni e luoghi. Follia umana che sfida la natura. Un presente ipertecnologizzato e spaventoso e memorie nostalgiche. Il finale è aperto. Anzi, “non è una fine” precisa Paolini “Parlerò di biologia e di altri linguaggi, ma lo farò seguendo il filo di una storia più lunga che forse racconterò a puntate, come ho fatto con i primi Album. Di più, ora, non so”. Quello che si sa fuori da ogni incertezza è che il successo dello spettacolo, già decretato al botteghino con il tutto esaurito, è stato rimarcato in sala da lunghi ed entusiasti applausi. Mentre Paolini è già ripartito per la prossima tappa del suo tour-studio, noi ci auguriamo di poter assistere nel 2016 alla forma definitiva di questa storia dove “niente è assolutamente verosimile, tutto è pura immaginazione”, o forse no.

 

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