All'interno del PD borghigiano gli animi sono già caldi (qui l'approfondimento del Direttore Nadia Fondelli) in vista delle prossime amministrative di giugno. Se negli altri schieramenti politici è calma piatta, almeno pubblicamente, nel PD borghigiano si è aperto un acceso dibattito sul tema "primarie si", "primarie no". Dopo l'uscita della vice Sindaco Becchi in una serata in antico monastero e la successiva missiva di un gruppo della sx PD, è arrivata una nota della Segreteria che ha pubblicamente esposto la strategia del partito. Oggi, dal suo profilo Facebook, un autorevole membro dello stesso Partito Democratico borghigiano, Antonio Margheri, dice la sua sul tema primarie che pubblichiamo di seguito.
SULLE PRIMARIE A BORGO
Il PD è il mio partito.
Perché tanta paura delle primarie?
Nel 2014 fui favorevole alle primarie che si conclusero con la candidatura e l'ottima elezione al primo turno di Paolo Omoboni e il primato di preferenze nel PD di Sonia Spacchini nel 2014 e di Gabriele Timpanelli nel 2019. A dimostrazione che nella storia di Borgo le primarie hanno unito i progressisti e non diviso.
Nel suo Statuto il PD si definisce come partito di "iscritti ed elettori" e affida ad entrambi le decisioni fondamentali che riguardano l'indirizzo politico e la scelta delle candidature per le cariche istituzionali.
L'art. 24 è molto preciso: i candidati alla carica di Sindaco sono scelti attraverso il ricorso alle primarie di coalizione e, qualora nessuna forza politica lo richieda, si procede con le primarie di partito. A meno che l'Assemblea di Circolo decida di non farvi ricorso con il voto dei 3/5 dei suoi componenti.
Questo è il PD, con le sue regole, i suoi organi, il rapporto aperto con iscritti ed elettori che disciplinano la selezione delle candidature e le scelte politiche.
Sono, quindi, rimasto basito quando ho letto che la segretaria del Circolo di Borgo (che non ha alcuna prerogativa in tal senso) ha dichiarato la propria chiusura verso le primarie senza alcun preventivo indirizzo politico espresso da parte dell'Assemblea e prima ancora di un pronunciamento della stessa in quanto unico organo competente per Statuto.
Si tratta di un grave errore che, se non corretto con la saggezza e l'apertura politica (come fu nel 2014), rischia di mettere a repentaglio l'unità del PD e il rapporto con l'elettorato.
Forse si pensa che possa bastare un voto contro le primarie e per una candidatura unica espresso da una striminzita maggioranza di 3/5 in Assemblea, dove peraltro ben 9 componenti su 16 sono amministratori uscenti ma ricandidabili? Che segnale politico sarebbe? Si pensa davvero che una candidatura così espressa possa incamerare autorevolezza e forza verso gli elettori? Perché tanta chiusura?
Che altre forze politiche non abbiano queste stesse nostre regole così trasparenti e aperte alla partecipazione dovrebbe essere ragione di valorizzazione, non di ostracismo e d'imbarazzanti manovre per depotenziare gli strumenti che ci siamo dati o delegittimare chi ne ha fatto richiesta. La politica non può ridursi a marketing tra amici e questi sono tempi complicati e difficili.
Nella specifica situazione di Borgo le primarie consentirebbero un confronto aperto e vero, programmatico e politico, quello che da troppo tempo manca e che invece è necessario e vitale per ritrovare sintonia, consenso e partecipazione tra i cittadini e una coalizione all'altezza dei tempi presenti e futuri. Che non saranno facili.
Riusciranno i nostri eroni a venire a capo della questione, primarie si e primarie no?