Il caso di Cecilia Sala mette in risalto una verità oggi ignorata dai più; ovvero che il mestiere di giornalista è pericoloso.
Anche se almeno in Italia non siamo nella situazione drammatica degli anni di piombo dove i giornalisti erano nel mirino di chi voleva rovesciare l’ordine costituito allargando lo sguardo scopriamo che alla data del 1 dicembre 2023 secondo il Committee to Protect Journalists, acronimo Cpj, organizzazione indipendente e senza scopo di lucro che promuove la libertà di stampa sono ben 320 i giornalisti dietro le sbarre in tutto il mondo.
Un numero enorme, il secondo più alto registrato dall’inizio di questo censimento nel 1992. Un numero inquietante che denota come sia diffuso l’autoritarismo di certi governi che reprimono e soffocano il giornalismo indipendente reo solo di raccontare la realtà.
La repressione nei confronti dei professionisti dell’informazione serve e non solo a minacciare la libertà di stampa, ma anche (e soprattutto) a mandare messaggi precisi per chi cerca d’intromettersi nelle questioni interne di paesi autocratici.
168 giornalisti affrontano accuse antistatali e di terrorismo per la loro capacità di critica mentre 66 di essi sono detenuti senza neanche sapere che accuse si muovono nei loro confronti.
Dire che Cecilia Sala non è sola non è consolatorio, come dire che se l’è andata a cercare è una stupidaggine.
In queste ore lei diviene un simbolo. Accende un riflettore su tutti i giornalisti imprigionati e dimenticati e rappresenta se stessa. Una giovane donna che nonostante tutto ama fare giornalismo, quello libero, quello che non copia-incolla veline.
E’ una free lance che non svende la sua libertà di critica, conscia sicuramente di tutte le conseguenze che ciò comporta.
Senza fare gli ipocriti sappiamo che oggi un free lance deve sgomitare parecchio e rischiare anche per guadagnare pochi euro e che, come ben dice Filippo Facci in un suo bellissimo editoriale di oggi, se nostro figlio ci dicesse che sogna di fare il giornalista cercheremo in tutti i mondi di convincerlo a fare altro.
La professione non ha più l’appeal di un tempo e non solo perché la nascita dei social ha visto la moltiplicazione disordinata di comunicatori spesso improvvisati, ma perché la fenomenologia ha portato a svuotare la nostra professione di valori e addirittura del senso stesso di mestiere.
Ha svuotato soprattutto le coscienze di tanti editori che pretendo che per pochi euro o peggio ancora gratis! un giornalista faccia inchieste, investa il tempo delle sue giornate, si alzi in piena notte per andare su una notizia di cronaca, etc...
La professione non ha più appeal di prima semplicemente perché non è più considerata tale.
Perché la realtà è che ormai a parte pochi fortunati colleghi - gli stessi che onnipresenti in tv fanno credere all'opinione pubblica che si sia tutti felici e ricchi - siamo tutti morti di fame che si accapigliano intorno a un osso da morsicare, e poi ci si scandalizza a scoprire l'acqua calda di colleghi che, in barba alla deontologia di un ordine professionale fermo all'inizio degli anni 60, cercano di portare il pane a casa per i propri figli mescolando abilmente redazionali e publiredazioni.
Alzi la mano chi non si è sentito dire almeno una volta nella vita da qualche editore: “ma ti devo pagare per scrivere?”
Non aiuta poi certo sapere che Cecilia Sala, (che per fare i suoi servizi essendo free lance per essere pagata deve sperare che siano graditi dall'editore sennò niente ciccia e ha avuto "la fortuna" di aver un cellulare in uso da cui inviare i video e magari un biglietto aereo andata e ritorno in classe economica) è prigioniera di un Paese che notoriamente non ama molto chi è colpevole di guardare cose che non si dovrebbe vedere e raccontare storie, specie di donne, da tenere nascoste.
La realtà da nascondere è che l’Iran è un Paese in fermento dove i giovani cercano faticosamente di liberarsi dall’autocrazia fuori dal tempo e dalla storia degli Ayatollah che come una piovra li soffocano da oltre quarant’anni.
Le grida di quei giovani imprigionati e uccisi ogni anno però riesce a fuoriuscire da un Paese dove esiste la “polizia morale”, dove le donne sono private di ogni libertà anche se a loro il mondo ha voltato le spalle. Come alle donne afgane.
Ricordo una ribellione effimera in Occidente nel 2022 con il taglio simbolico di una ciocca di capelli in nome di Mahsa Amini rea di non portare il velo che in seguito a una “lezione informativa” della polizia fu assassinata. Altro che ciocca di capelli…
Ricordo e forse lo ricorderà anche Cecilia Sala che a quelle donne vuole dare voce, le parlamentari, le sindache e le donne famose andare in piazza con la loro ciocca di capelli in mano alzata verso il cielo e sacrificata in nome delle iraniane obbligate per legge a indossare la hijab.
Tutto effimero, tutto durato pochissimo. Le loro ciocche sono ricresciute e loro hanno (ri)scoperto il patriarcato. Quello di facciata, non quello che lotta contro gli Ayattollah. Quello buone per liberarsi le coscienze e fatto di ribellione contro certi modi di fare e certi modi di dire già vetusti e superati che però sono ottime per distogliere l’attenzione dalle condizioni in cui vivono tante donne iraniane e afgane e tante Cecilia Sala.
Sì, anche nel nostro mestiere dove di donne direttrici di testate di quotidiani nazionali, tanto per fare un esempio, ce ne sono solo due.
Se poi sei giovane e bella o addirttura anche moglie e madre davvero pretendi di scrivere ed essere retribuita?
Non facciamo gli ipocriti, non fingiamo di non sapere.
Non ammantiamoci di luoghi comuni tipo se l’è andata a cercare e altre stupidaggini simili.
Cecilia è andata a lavorare perché voleva essere libera e per farlo ha rischiato in prima persona.
Perché è una donna è perché è una free lance.
Una di quelle che molti definiscono pennivendola, giornalaia etc… Perché anche qui non ci nascondiamo dietro un filo d’erba: è così che ci chiamano molti; gli stessi che adesso si stracciano le vesti per Cecilia.
Dimenticavo, ai 320 giornalisti prigionieri aggiungiamo il ricordo dei 104 morti (sempre dati riferiti al 2023 della federazione internazionale dei giornalisti) per fare il loro mestiere.
Cecilia Sala è colpevole. E' donna e giornalista
Una free lance rea di denunciare quello che è il vero patriarcato: quello degli Ayatollah.
dom 29 dicembre 2024- 450