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Dieci anni dopo Charlie Hebdo: l’Occidente ancora bersaglio del terrorismo islamico

Dal Medio Oriente alle stragi in Europa e Stati Uniti, l’incubo jihadista persiste. New Orleans ultimo teatro di sangue

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L'occidente bersaglio del terrorismo islamico L'occidente bersaglio del terrorismo islamico © AI
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Ci risiamo, ancora una volta. Accade tutto in pochi, mortali secondi, e vite innocenti e ignari del pericolo vengono spezzate. La conta dei morti è sempre tragica, poiché si trasformano persone, in piedi fino a un attimo prima, in sterili numeri da seppellire. Le ultime vittime del terrorismo di matrice islamica sono quindici; si trovavano in Bourbon Street, nel quartiere francese di una delle vie principali di New Orleans, città della Louisiana, nel sud degli Stati Uniti d’America. Era la notte di capodanno scorso quando sono state uccise da un pick-up lanciato a tutta velocità da Shamsud Din-Jabbar, un veterano quarantaduenne dell’esercito statunitense - ucciso subito dopo l’accaduto dalle forze di polizia - che giurò fedeltà all’ISIS, l’organizzazione terroristica che controlla territori in molti paesi musulmani - tra cui Siria e Iraq - e che professa la jihad, ovvero, nel contesto del terrorismo, la lotta armata contro gli infedeli, identificati in noi occidentali. Lotta che da parte di organizzazioni del genere prevede, a causa della disparità a nostro favore degli eserciti e degli armamenti, il ricorso agli attentati terroristici, che colpiscono civili e gettano nell’angoscia l’intera società. 

Dieci anni dividono l’attentato di New Orleans con quello avvenuto nel cuore della Francia, a Parigi, all’interno e nei pressi della redazione di Charlie Hebdo, il periodo settimanale satirico colpevole, secondo i due terroristi responsabili fedeli alla branca yemenita di Al-Qaida, di avere rappresentato il volto del profeta dell’Islam, Maometto, pratica proibita per la maggior parte dei musulmani, oltretutto in veste satirica. L’attentato avvenne il 7 gennaio 2015, e causò la morte di dodici persone e undici feriti. Non fu un mezzo di trasporto a trucidare le vittime - come avverrà a Nizza un anno e mezzo dopo, il 14 luglio 2016, quando sulla Promenade des Anglais un autocarro guidato da un fondamentalista islamico si gettò a tutta velocità sulla folla, uccidendo quasi novanta spettatori della festa nazionale francese - bensì fucili d’assalto di origine sovietica, i brutali AK-47.

In dieci anni i contesti sono cambiati, ma i fatti ci dimostrano che, qualunque essi siano, i lupi solitari fondamentalisti continueranno a pianificare attacchi. E’ proprio per questo motivo che l’allerta in tutta Europa e negli Stati Uniti deve rimanere alta, rendendo sempre più efficienti le misure di sicurezza. Sulla via teatro dell’attentato a New Orleans mancavano dissuasori mobili e barriere per evitare che gli attentatori sui mezzi di trasporto potessero agire indisturbati. Tale leggerezza, in seguito ovviata, rese possibile l’attentato a Nizza.

Nel corso del decennio sono state molte le città colpite, e non soltanto occidentali: oltre a quelle già menzionate, ricordiamo Bruxelles nel 2016, dove morirono trentadue persone; Berlino, sempre nel 2016, dove Anis Amri, un tunisino radicalizzato nelle carceri italiane, investì con un camion rubato i presenti a un mercatino di natale, uccidendone tredici; Londra nel 2017, quando un uomo compì una folle corsa con un camion sul ponte di Westminster, investendo i civili. Il bilancio fu di sei morti - compreso l’attentatore - e quarantanove feriti. Bisogna ricordare che sono i paesi a maggioranza musulmana quelli maggiormente colpiti dal terrorismo islamico, in quanto il suo obiettivo, oltre a insanguinare l’Occidente, è egemonizzare il proprio territorio.

E ora arriviamo ai contesti. Nel 2015 l’autoproclamato “Stato Islamico dell’Iraq e della Siria”, un califfato sorto nel 2014 guidato dal califfo Abu Bakr al-Baghdadi che impone ai cittadini la legge della sharia, ovvero la legge di Allah - che viene dedotta dal libro sacro dell’Islam, il Corano, e dalla Sunna, l’insieme delle norme di comportamento ricavate dalla condotta di Maometto - in maniera letterale, si espandeva a macchia d’olio, arrivando a conquistare territori della Libia e alleandosi con Boko Haram, un movimento dall’ideologia simile all’ISIS operante nel nord della Nigeria, responsabile di innumerevoli attentati. Migliaia di cittadini europei musulmani decisero di abbandonare la propria patria per unirsi allo Stato Islamico, imbracciando le armi per combattere la sua causa.

Sono i cosiddetti foreign fighters, e possono diventare un problema per l’Europa quando decidono di tornare: oltre che a combattere, sono addestrati anche a compiere atti terroristici. La propaganda dell’ISIS finalizzata a reclutare uomini e colpire l’Occidente avveniva, e avviene tutt’oggi, tramite internet, con filmati - almeno fino al periodo della sua massima espansione - costosi e dagli innumerevoli effetti speciali. Nel corso degli anni lo Stato Islamico si è ridotto, e continua a ridursi, braccato dai governi occidentali e del mondo arabo, che continuano a attaccarlo da ogni lato. Il sogno degli jihadisti di sventolare la bandiera nera dell’ISIS sul Vaticano - come uno dei filmati mostrava - è sfumato da tempo.

Eppure sono molti coloro che decidono di uccidere in suo nome, segno che il contesto di base - la salute del califfato - non è così rilevante. Rilevante è invece la propaganda che l’ISIS continua a diffondere per colpire, facendo breccia nel cuore di tutti quei lupi solitari a cui viene data una missione di vita, con la promessa del paradiso post mortem. Non importa quanto grande e ricco sia: fino a quando l’ISIS esisterà, l’Occidente sarà in pericolo.

Purtroppo realtà simili sono presenti da decenni nel mondo arabo. Al-Qaida ad esempio, fondata da Osama Bin Laden, che ha varie ramificazioni - come quella nello Yemen, responsabile dell’attentato di Charlie Hebdo -; l’ISIS di cui abbiamo parlato sopra; Hamas e Hezbollah che, rispetto alle prime due, si concentrano principalmente sul nemico storico, Israele. Senza soffermarci sulle eventuali - e presunte - cause che fanno sì che certe organizzazioni prendano vita - come, per quanto riguarda Hamas, la lotta contro le politiche di apartheid perpetuate da Israele contro gli arabipalestinesi -, il problema su cui dobbiamo far luce è il terrorismo islamico, che non potrà mai essere legittimato in nessun modo e a nessuna condizione. Gli attentatori di Charlie Hebdo dieci anni fa e di New Orleans lo scorso 31 dicembre, pur avendo matrici diverse, hanno in comune un preciso obiettivo: mettere in ginocchio l’Occidente, considerato nemico dell’Islam e dei paesi arabi - soprattutto per la vicinanza a Israele nell’orbita del conflitto israelo-palestinese -.

L’Occidente poi è l’emblema dell’allontanamento da Allah e dell’infedeltà nei suoi confronti, a partire dal costume - le donne occidentali sono libere di vestirsi con abiti succinti, di truccarsi e di mostrare i capelli, pratiche vietate in alcune zone e paesi controllate da governi che impongono l’Islam radicale -, fino ad arrivare all’assoluta normalità per le coppie omosessuali di rendere pubblico il proprio amore, avendo gli stessi diritti - o quasi - delle coppie eterosessuali. Per i musulmani radicalizzati che vivono qui, l’odio nei confronti di tutto ciò che di peccaminoso li circonda diventa il motore necessario a compiere stragi.

Ancora oggi, nel 2025, bisogna stare all’erta per colpa di invasati che scelgono la via del martirio. Fino a quando esisteranno personaggi che credono di poter attuare nelle terre conquistate un Islam radicale e violento - impiccando gli omosessuali, spogliando di ogni diritto le donne, condannando alla morte intere popolazioni solo per il fatto di avere una fede differente (come accadde agli yazidi, popolo iracheno dal culto sincretico, assassinati in massa dall’Isis), distruggendo reperti storici (come avvenne nel 2015 nella città di Palmira, in Siria) - e al contempo fare guerra all’Occidente, allora dovremmo stare all’erta.

Ma perché l’Occidente è così tanto odiato?

Solo per il fatto di avere una condotta di vita e di società diversa da quella descritta dal profeta Maometto?

Ebbene no. Spesso è stato protagonista dei teatri di guerra in Medioriente, e ciò infastidisce i leader di organizzazioni radicali, come ai tempi Bin Laden; il sanguinario terrorista decise di progettare attentati negli Stati Uniti - che culminarono nel 2001 con il crollo delle Torri Gemelle, colpite da due aerei pilotati da un manipolo di uomini affiliati alla sua organizzazione - quando qualche anno prima il governo saudita scelse di coalizzarsi con l’allora presidente George Bush senior e non con lui per fronteggiare Saddam Hussein. Per quanto riguarda l’ISIS invece, nel 2014 Barack Obama ordinò di bombardare i suoi territori per andare in aiuto agli yazidi, e fornì armi ai curdi, che contenevano la sua avanzata.

Spesso coloro che sposano cause perse come quella dello Stato Islamico sono emarginati dalla società, e soffrono la povertà e la mancanza di lavoro e prospettive, ma non si rendono conto che l’Occidente non è la causa di tutti i loro mali. Non si possono negare i difetti della società europea e statunitense, ma non sono forse meglio di veri e propri regimi - perché di questo si tratta - che fanno fuori le minoranze, annullano le donne e la loro femminilità e rifiutano tutto ciò che non segue i precetti del Corano, sfera giuridica compresa?

La parte di mondo in cui viviamo ha avuto il grande merito di tenere separati l’ambito religioso e societario. E’ impensabile, soprattutto al giorno d’oggi, credere di seguire alla lettera i dettami di un libro sacro scritto più di un millennio e mezzo fa, rifiutando di interpretare, in alcuni e necessari casi, i versetti in maniera allegorica, compiendo sacrosante opere di secolarizzazione. Il problema non è l’Islam, ma il fatto di continuare a renderlo anacrostico.

Per concludere, purtroppo per i potenziali terroristi la soluzione alla loro misera esistenza è punire gli infedeli e guadagnarsi così il paradiso. Ma è un semplice atto di fede. Per arginare il problema bisognerebbe anzitutto insegnare fin da bambini a dubitare, e di conseguenza che la fede non precede la vita. La fede è come un’onda, arriva e poi se ne va a seconda di una miriade di fattori. Chi non dubita mai delle proprie credenze è lontano dalla vita. 

Prima di dio e del suo culto ci siamo noi, con il nostro corpo e lanostra mente. Sposare una religione, un’ideologia politica o un pensiero filosofico si può e si deve, ma bisogna essere pronti a divorziare quando chiedono il sacrificio della nostra vita e di quella degli altri. Riconoscere di aver preso un abbaglio si può farlo solo da vivi, mai da morti.

 

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