
Rodolfo Fiesoli, condannato in via definitiva a 14 anni di reclusione per gli abusi avvenuti nella comunità Il Forteto, sarà condotto coattivamente a Roma per essere ascoltato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti legati alla struttura. La convocazione, emessa il 28 febbraio, ha scatenato la reazione dei legali di Fiesoli, che hanno formalmente eccepito la nullità del decreto, sostenendo che l’ex guru della comunità non possa essere obbligato a testimoniare su fatti per i quali è già stato condannato.
Gli avvocati Oliviero Mazza e Lorenzo Zilletti, in una lettera indirizzata al presidente della Commissione, l’on. Francesco Michelotti, hanno sostenuto che il provvedimento violerebbe l’articolo 82 della Costituzione e le norme del codice di procedura penale, secondo cui un testimone condannato per gli stessi fatti non può essere obbligato a rendere dichiarazioni. Inoltre, hanno ribadito che Fiesoli, ormai 84enne, non sarebbe in condizioni fisiche e mentali idonee a testimoniare, come riportato nel verbale redatto il 3 febbraio dall’amministratore di sostegno e dall’assistente sociale della RSA in cui è detenuto.
La Commissione, tuttavia, ha rigettato le eccezioni difensive, ribadendo che, trattandosi di un’indagine parlamentare e non giudiziaria, non si applicano le stesse garanzie previste per gli imputati. Nella risposta ufficiale inviata ai legali il 3 marzo, Michelotti ha sottolineato che Fiesoli deve essere sentito come testimone, senza le tutele riservate a chi è ancora sotto processo. Inoltre, la Commissione ha ritenuto infondata l’argomentazione relativa allo stato di salute dell’imputato, sottolineando che Fiesoli avrebbe comunque dovuto presentarsi e sollevare le sue obiezioni in sede di audizione.
L’accompagnamento coattivo e lo scontro finale
Di fronte alla mancata comparizione di Fiesoli alle precedenti convocazioni, la Commissione ha disposto il prelievo forzato, che sarà eseguito giovedì 6 marzo. L’ex capo della comunità sarà trasferito da Padova a Roma, dove si svolgerà l’audizione. Se Fiesoli dovesse rifiutarsi di parlare, non potrà comunque sottrarsi alla procedura.
La decisione ha generato un acceso dibattito. La difesa continua a sostenere che il provvedimento violi i diritti fondamentali del proprio assistito, mentre la Commissione ritiene che la testimonianza sia necessaria per far luce su tutte le responsabilità istituzionali nella vicenda Forteto.
Il 6 marzo, dunque, sarà una data cruciale: dopo decenni di silenzio, Fiesoli sarà chiamato a rispondere alle domande della Commissione. Resta da vedere se sceglierà di parlare o manterrà il suo storico mutismo.