Con questo reportage sui cantieri delle varie grandi (e piccole) opere rimasti aperti sul territorio, inizia la collaborazione con "Furio Camillo", pseudonimo del nostro nuovo collaboratore che periodicamente proporrà degli articoli di approfondimento su varie tematiche. Buona lettura.
Nel verde territorio del Mugello, gioiello naturalistico e ambientale dell’Italia centrale, tra i due caselli autostradali del Comune di Barberino, le varie ditte appaltatrici della variante hanno costruito cantieri e strutture, anche imponenti, servite per l’avanzamento dei lavori della direttissima; opere poi abbandonate a fine progetto. Terre mai bonificate, col tempo sono diventate altrettante ferite nell’Appennino Tosco-Romagnolo.
Per spiegarci meglio, nei giorni scorsi, alcuni residenti, parlando di cura e mantenimento delle bellezze paesaggistiche del Mugello, hanno lamentato l’abbandono del territorio e il mancato ripristino delle condizioni ambientali preesistenti ai lavori, dopo la chiusura dei cantieri della variante di valico. I residenti credono che questa incuria abbia segnato il territorio, più dei lavori per il predente tracciato autostradale. Si pensa che il mancato recupero ambientale costituisca un grave danno non solo per il patrimonio naturale, ma anche per le opportunità economiche e di lavoro che la cura dell’ambiente potrebbe offrire. Opportunità a cui si deve rinunciare a causa del degrado.
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Seguendo le indicazioni e le suggestioni dettate dalle preoccupazioni dei residenti per il degrado ambientale del territorio, sono partito dal casello “Barberino”. Ho deciso di percorrere tutto il crinale fino al confine comunale settentrionale e sono giunto fino al valico dell’ Appennino, oltre il casello “Firenzuola”. Volevo capire quanto fossero fondate quelle preoccupazioni, quale fosse lo stato dei luoghi e quali fossero i danni ambientali, che la grande opera, che unisce Italia, aveva procurato.
Infatti, partendo da sud ho seguito il tracciato della variante di valico. Ho percorso con curiosità le strade di servizio, aperte e mai manutenute, nel comune di Barberino. Come Pollicino seguiva i suoi sassolini, per trovare la strada di casa, ho seguito il filo che collega i cantieri fantasma che si susseguono uno dopo l’altro fino al confine comunale nord, fino alla Dogana e oltre, arrivando con qualche difficoltà, al casello “Firenzuola” e al passo della Futa.
Sotto il primo viadotto della variante, in loc. Mulino di Frassineta più o meno dietro all Outlet di Barberino, si trova un cantiere abbandonato, il primo della serie, un’area di circa un paio di ettari, con vari manufatti di cemento e ferro abbandonati, bagni chimici, bidoni e sacchi di materiale sconosciuto, e un torrente che scorre nella plastica.
Proseguendo, in frazione La Ruzza, in riva sinistra del torrente Stura, troviamo circa un chilometro di strada asfaltata dotata di opere idrauliche in cemento e guardrail, si trovano anche piazzali e manufatti abbandonati nei prati, ma il massimo sono due ponti in acciaio che attraversano la Stura, abbandonati, chiusi al traffico per evitare la manutenzione.
L’ultima ferita si trova all’uscita della galleria Buttoli, dove la Signora Assiamaria denuncia un grave inquinamento acustico che rende invivibile l’area anche qui un grosso piazzale a ghiaia abbandonato, ettari di terreno desertificato dai lavori e mai riportato alla sua forma originaria naturale.
La variante di valico è un opera molto importante per la nazione e il tracciato autostradale ha portato sviluppo e lavoro nelle terre che ha attraversato. Nonostante questo Il territorio è una risorsa non rinnovabile e la sua cura è un investimento per il futuro oltre che un obbligo per il presente. Il valore della tutela ambientale non può essere barattato con l’interesse pubblico e privato che hanno portato alla realizzazione dell’opera.
Non voglio addossare alcuna colpa, per quanto non è stato fatto a difesa dell’ambiente a Barberino ma è chiaro che il tempo scorre inesorabilmente e questi problemi vanno risolti in tempi brevi.
La pubblica amministrazione, la politica locale che gestisce il territorio deve impegnarsi a riportare allo stato naturale i lembi di territorio sfruttati per garantire sviluppo alla nazione perché possano in futuro continuare a essere fruiti per il bene collettivo.
Alberto Loli
Conosco abbastanza la problematica e posso notare che il reportage segnala forse il 20-30% delle opere incompiute, previste nel PREVAM della Variante di Valico, che restano da completare; purtroppo la Variante di Valico, oggi Direttissima, è stata già aperta dal 2015, ma le opere di recupero e ripristino ambientale, pur parte integrante del progetto, non sono ancora state realizzate. L'Osservatorio Ambientale che doveva vigilare sull'attuazione del progetto è stato di fatto chiuso nel luglio 2018, formalmente solo sospeso, mai più riconvocato e smantellato nella sua struttura. Le Istituzioni e gli Enti di controllo dovrebbero richiamare "fortemente" la Soc. Autostrade al rispetto delle convenzioni sottoscritte ed onorare gli impegni assunti fino al completamento dell'opera!!!