I pendolari del Mugello, che tutti i giorni salgono sul treno della Faentina (quando il treno c'è), non comprendono che tutti questi disagi del trasporto aiutano a potenziare lo smart working. Il ragionamento della Regione e delle Ferrovie è chiaro: se rendo la vita impossibile ai lavoratori e agli studenti pendolari, questi, una volta per tutte, si convinceranno a lavorare, o a studiare, da casa.
Qui da noi, evidentemente, c'è gente che è rimasta ancorata alle epoche (ormai remote) in cui per guadagnare la pagnotta (così dicevano gli antichi), salivi tutte le mattine sul treno, che ti trasportava nella città dove si trovava il tuo posto di lavoro. Questi pendolari si devono convincere, una volta per tutte, che è il lavoro da casa il nostro futuro occupazionale. Quindi, a che serve avere un treno che passa ogni due ore nella stazione del tuo paese. I pendolari, riluttanti alla modernità, ci vengono a dire: “parlate bene voi di smart working, ma se le nostre aziende non lo adottano, cosa facciamo noi?! Ci licenziamo?!”.
Ecco, questa sarebbe un'idea, molto innovativa. Il licenziamento come sublimazione del lavoratore moderno che, invece di frignare che arriva in ritardo al lavoro, per colpa dei treni (come se i treni fossero dei bulletti che fanno del male ai pendolari, rendendo loro la vita difficile), rinunciano al lavoro. Quante cose puoi fare se sei disoccupato: puoi leggerti un buon libro, puoi andare in palestra, ha più tempo per badare alla tua condizione fisica, puoi andare a trovare parenti che sono anni che non vedi.
Insomma, nella vita bisogna essere “woke”, bisogna stare “woke”, bisogna pensare “woke”. Se poi sono i treni a non essere “woke”, pazienza; se è l'assessorato regionale ai trasporti a non essere “woke”, peggio per loro. Noi siamo “woke”!!!