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Informazione Tav a Firenze? Non chiedetela a Rfi!

All’incontro pubblico proposto dalle Ferrovie in viale Lavagnini Idra contesta, argomenta, documenta, interroga

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sede dell'incontro sede dell'incontro © idra
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Una sorta di ring quello con cui si sono avviati ieri a Firenze presso l’Istituto Comprensivo “Gaetano Pieraccini”, nell’ottocentesco viale Spartaco Lavagnini,  una delle arterie critiche del progetto di doppio sottoattraversamento Tav di Firenze, i magri 50 minuti di dibattito concessi alla popolazione in occasione dell’incontro organizzato dal proponente l’opera,  Rete ferroviaria italiana.

Già a partire dall’illustrazione del programma da parte del referente di progetto ing. Fabrizio Rocca e dell’assistente del direttore tecnico del Consorzio realizzatore Florentia ing. Alessandro Zurlo, il pubblico ha manifestato l’esigenza di chiarimenti sulle cause e le conseguenze del blocco dei lavori di scavo in corso nelle viscere di Firenze, insieme alla preoccupazione parallela e crescente di chi abita i luoghi sottoattraversati dalla fresa, dopo i primi ‘imprevisti’ registrati sul ponte al Pino, in prossimità del fascio ferroviario. La presenza di frotte di rilevatori che percorrono in su e in giù il viale Don Minzoni a verificare sui sensori gli effetti dello scavo sui palazzi in superficie sta incrementando  in questi giorni il livello di ansia della popolazione.

Al termine delle diapositive, a prendere la parola è stata Idra, l’associazione di cittadini che segue dai suoi esordi la progettazione e la cantierizzazione Tav a Firenze.

“Mi scuso prima di tutto coi cittadini di Viale Lavagnini”, ha voluto precisare Girolamo Dell’Olio. “Ho chiesto in anticipo di poter intervenire perché negli incontri precedenti, fatti in ambienti magari scolastici dove a una cert’ora bisogna andar via, non è stato possibile parlare né a noi né a tanti altri residenti. Ma capisco che con 2 miliardi e 735 milioni di impegno per quest’opera è un po’ difficile trovare ambienti un po’ più capienti e assicurare un’informazione un po’ più estesa…”.

Idra, ha spiegato il portavoce, segue, monitora e denuncia dal 1994 le pecche dei progetti Tav e le gravi lacune informative che ne accompagnano la realizzazione.  “A luglio 1998 abbiamo presentato ai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali, e alla Regione Toscana, 30 cartelle di osservazioni sulla penetrazione urbana e sulla stazione Alta Velocità di Firenze. A febbraio 1999 abbiamo raccolto 91 atti di significazione e diffida trasmessi per le vie legali da altrettante famiglie nei confronti dei decisori che, il 3 marzo 1999, avrebbero approvato il progetto, del quale paventavano ragionevolmente le possibili conseguenze sugli edifici che insistono sul tracciato della talpa”.

Per completare la descrizione pur sommaria delle caratteristiche dell’associazione, l’esponente di Idra ha accennato all’esperienza e al ruolo di parte civile giocato nel procedimento penale per i danni ambientali Tav sull’Appennino, e di parte ad adiuvandum in quello per danno erariale intentato dalla Corte dei Conti della Toscana. Ma non è risultato gradito agli organizzatori dell’evento il riferimento ai responsabili dei danni a Sesto Fiorentino e in Mugello: c’è agli atti infatti una sentenza della Corte dei Conti della Toscana che definisce rei di colpa grave amministratori del rango di Vannino Chiti e Claudio Martini, graziati soltanto dall’intervenuta prescrizione. A questo punto è insorto – posizionato fra il pubblico - il direttore generale del Comune e della Città metropolitana di Firenze, che a queste cariche cumula quella di presidente del cosiddetto Osservatorio Ambientale: l’ing. Parenti ha tentato di togliere la parola al portavoce di Idra rivendicando il rispetto dell’ordine del giorno. Ma Dell’Olio ha insistito, allontanandosi progressivamente dal tavolo dei relatori per mantenere il microfono: “E’ bene che i cittadini sappiano, è necessario che conoscano il contesto”, ha scandito,  iniziando a sciorinare le principali falle del progetto fiorentino:

a) il clamoroso mancato collaudo dello ‘Scavalco’ Tav;
b) il degrado ambientale della prima galleria Alta Velocità realizzata a Castello, ammesso ma non risolto da Rfi, con l’aggravante della contaminazione fecale rilevata dall’ARPAT dopo la segnalazione di Idra in audizione presso l’Osservatorio;
c) l’accesso che le Ferrovie negano alla documentazione potenzialmente ‘esplosiva’ contenuta nel Verbale di accertamento redatto dalla Commissione di collaudo;
d) la disapplicazione della legge nel progetto dei quasi 14 km di sottoattraversamento da Campo di Marte a Castello, che il Comando dei Vigili del Fuoco di Firenze attesta essere privo del piano di emergenza, in barba a ben due decreti ministeriali emanati a tutela delle sicurezza delle gallerie ferroviarie, oltre che alla logica e al buon senso;
e) le significative lacune dei ‘canali di comunicazione’ vantati da Rfi: neppure un numero di telefono è stato messo a disposizione dei cittadini per ricevere informazioni, o segnalare criticità, nonostante che proprio la responsabile della Direzione Investimenti e della Direzione Area Centro di Rfi ing. Chiara De Gregorio avesse  chiesto, ancora a luglio dello scorso anno, un incontro a Idra per ottenere – assieme a questo – altri suggerimenti per il piano di comunicazione delle Ferrovie, tutti apparentemente apprezzati e diligentemente registrati.

Il pubblico, sbigottito! Non sono infatti, queste, notizie che circolano gran che sulla ‘grande stampa’. Circostanze ben note invece agli organizzatori dell’incontro e all’Osservatorio Ambientale, ha voluto sottolineare il rappresentante di Idra, costatando con amarezza come in soccorso alle incertezze e agli imbarazzi provenienti dal tavolo di Rfi sia accorso ripetutamente – quasi difensore d’ufficio - proprio il responsabile del Comune di Firenze. L’ing. Parenti si è peraltro lasciato sfuggire persino un ‘avvertimento’: “Certamente il professore è responsabile di quello che ha detto, e potrà essere perseguito!”. “Certamente! Magari!”, ha replicato Dell’Olio, mentre il pubblico mostrava ad alta voce di non condividere questo tipo di attenzioni nei confronti di chi segnala semplicemente e doverosamente il mancato rispetto delle norme. Si è sentito qualcuno sarcasticamente osservare: “La Meloni ci fa un baffo…!”.

Conclusa la premessa, Idra ha posto due domande di stretta attualità dopo che l’ing. Rocca aveva ammesso, nel corso dell’esposizione introduttiva, che dopo i primi 810 metri di scavo la fresa Iris ha dovuto fermarsi sotto Viale don Minzoni: “Era un fermo programmato, ma si è protratto indubbiamente di qualche settimana rispetto a quelle che era l’ipotesi iniziale, perché il ciclo di gestione delle terre ha una complessità abbastanza particolare…”.

La prima domanda è stata: “Quali criticità specifiche si sono registrate nel corso dello scavo tali da costringere a un fermo così prolungato della talpa? Esiste forse – come si vocifera - un problema di terre di scavo con una forte componente argillosa che tarderebbero a essiccarsi e quindi a risultare utilizzabili nei tempi previsti nel sito di deposito in Valdarno, a Cavriglia?”.

“Non esiste un problema di argille che non seccano - ha replicato deciso l’ing Rocca -, ma  un tema legato al rispetto dei parametri, ai tempi di restituzione delle analisi di laboratorio: le modalità di campionamento hanno necessità di tempi più lunghi”.

Di più, di questi parametri, non è stato dato sapere, tranne qualche cenno generico a “biodegradazione dei tensioattivi, caratterizzazioni degli agenti presenti nel terreno, composizione naturale del terreno…”.

Presto però Idra confida di ricevere dall’ARPAT, previo consenso dei controinteressati, i risultati delle analisi del Settore Laboratorio di quell’Agenzia, e tutto sarà più chiaro. Sarebbe stato un bel guaio, infatti, se si fosse scoperto solo adesso, dopo anni di istruttoria del CNR,  piani di utilizzo scritti e riscritti, campi prova e simulazioni, che quelle terre di scavo non ‘maturano’ affatto nei giorni programmati per diventare suolo biologicamente accettabile.

Ma un dato resta, ha osservato acutamente un esponente del Comitato No Tunnel Tav: i lavori registrano già un importante ritardo, che non potrà non riflettersi anche sui temi di avvio della seconda fresa. Citando una lettera aperta inviata la mattina a RFI, ha chiesto all’ing. Rocca di “fornire una revisione del Programma lavori con tempi e costi aggiornati rispetto agli 830 milioni già spesi prima dell’appalto attuale che vede ora un costo a preventivo di 2,735 miliardi”.

Nette e incoraggianti, anche in questo caso, le parole dell’ing. Rocca: Il programma ad oggi rimane l’ultimazione di tutti i lavori il 5 maggio 2029. Il costo dell’opera, quello di 2 miliardi e 735 milioni. La risposta che io do è questa”.

Non ha inteso invece rispondere, il referente di progetto di Rfi, alla seconda domanda posta da Idra: “E’ possibile sapere chi è il proprietario della talpa? Rfi o il consorzio Florentia? E’ interessante per capire il rapporto che si potrà stabilire fra il proponente e il realizzatore: abbiamo qualche esperienza di contenziosi nella gestione degli appalti legati a danni e a varianti che si accumulano nel tempo. Anche a Castello, appunto abbiamo notizia di un documento esplosivo che, appena sarà pubblico, temiamo, permetterà di apprezzare il tipo di gestione anche economica dell’opera”.

Domanda ripetuta, nessuna risposta. Lesa maestà?

Davvero non numerosi, alla fine, i partecipanti all’appuntamento in Viale Lavagnini, grazie a una pubblicità opportunamente ‘discreta’ in città.

Non sono mancati però coloro che hanno chiesto un contatto diretto con l’associazione, ritrovando se stessi o altri conoscenti nel novero dei 91 firmatari degli atti di significazione e diffida presentati 25 anni or sono. Ma sempre validi. Oggi più che mai.

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