Si discutere in città su quale sarà la Firenze degli anni Venti, quella che rinascera dopo la crisi sanitaria. Fra progetti vecchi da rispolverare nell'ottica dei cambiamenti che inevitabilmente questa pandemia lascerà si torna a parlare anche del progetto dell'ex Scuola di Sanità Militare che nei progetti doveva trasformarsi in un resort di lusso.
L'associazione Idra s'interroga sul suo futuro e così scrive al Sindaco Dario Nardella per chiedere lumi.
"Ha avuto molti titoli: teleferica, funicolare, cremagliera… ultimo, quello di ascensore inclinato. Ma resta la funzione da assolvere: quella di assicurare alla ricca clientela l’accesso al resort 5 stelle de luxe dal giardino di Boboli, passando da Palazzo Pitti.
Solo che quella cremagliea è finita in un cassetto. E anche il resto secondo idra c’è e non c’è. E così ecco su cosa s'interroga l'associazione.
II nuovo proprietario (che ha comprato anche la vita villa medicea di Cafaggiolo in Mugello) ha presentato da un pezzo in diciassette allegati tante idee su come e perché trasformare l’ex Scuola di Sanità militare (elemento di grande rilevanza architettonica nel centro storico UNESCO, arrampicato sull’erta che porta a Forte Belvedere e confina coi luoghi fra i più preziosi di Firenze) in un mega albergo da 300 posti letto, dotato di tunnel carrabile da scavare nella delicata collina non a caso denominata ‘delle Rovinate'e di altri ambienti da realizzare in sotterraneo, fra cui due parcheggi.
Una serie di uffici comunali ha analizzato questi allegati bocciando la proposta di rivoluzionare - per le esigenze di cantiere prima, e di gestione a regime - una viabilità già critica, in Costa San Giorgio, in quel romantico quadrante della città.
Nel progetto sono descritti interventi, come la teleferica appunto, che però nel frattempo sono stati sospesi e saranno oggetto di ‘atti separati’. Cioè: prima si approva il resto, poi si vedrà. Peccato tuttavia che si tratti di condizioni che sembrano invece assolutamente necessarie all’intervento: e sta scritto nelle carte ufficiali perchè il Comune di Firenze ha pensato di affidare al privato il compito di suggerire la nuova destinazione urbanistica da assegnare al sito, ‘nello spirito di quanto previsto dal Regolamento Urbanistico’. E il privato ha bandito un proprio concorso internazionale, ha costituito una sua giuria, ha selezionato coi propri criteri un’idea vincente.
Alla fine è sulla base degli esiti di una procedura cosi ‘trasparente’ che il Comune ha deciso di orientare la propria scelta. E anche se nel bando del concorso si prescriveva di acquisire un progetto di concept urbanistico “caratterizzato da un adeguato mix funzionale”, il Comune non ha esitato a incorporare nella Variante (questa sì, pubblica) qualcosa che assomiglia piuttosto all’ennesima monocultura turistico-ricettiva, che prende l’86% degli oltre 16.000 mq del complesso. Le briciole vanno in esercizi di somministrazione, in Spa – servizio alla persona e in un tenero 1% destinato a commercio in esercizi di vicinato.
Ma in quel bando di gara si legge anche un’altra prescrizione: e cioè che il concept da consegnare al Comune doveva essere caratterizzato “dalla valorizzazione dei percorsi di collegamento del complesso con la città limitrofa - in particolare con il Giardino di Boboli e con il Forte Belvedere”.
E infatti questa ‘valorizzazione’ la troviamo nei rendering e nelle descrizioni menzionate. Ma da quando qualcuno ha obiettato che forse non è tanto elegante e costituzionale mettere a disposizione della clientela qualcosa come Palazzo Pitti e il giardino di Boboli per salire all’albergo (e magari proseguire fino al Forte), ecco che - se andate a vedere la Variante ‘semplificata’ che sarà proposta in Consiglio comunale per l’approvazione - il percorso scenografico disegnato dalla proprietà con tanto fervore progettuale non lo trovate più: sarà oggetto infatti di un ‘atto separato’.
Riassumendo. Come ha detto con entusiasmo in audizione qualche settimana fa in Commissione urbanistica un’autorevole referente della proprietà, “siamo in uno dei contesti forse più belli del mondo”. E non c’è dubbio che chi ha comprato il complesso ne sia ben consapevole. Ma sembra di capire che un intervento così pesante in un luogo così fragile e prezioso rischi di essere approvato due o tre volte zoppo:
- senza autorizzazione alla cantierizzazione (e quindi agli scavi necessari a soddisfare almeno in parte le esigenze di accesso);
- senza i collegamenti sognati col palazzo dei granduchi, col giardino all’italiana per antonomasia, con la fortezza di Ferdinando I (programmati anche questi per soddisfare un’altra quota di esigenze di accesso);
- senza quel mix funzionale dichiarato ma naufragato strada facendo (e siamo daccapo invece col peggiore modello-Firenze di pianificazione della fruizione turistica e culturale).
Cui prodest? E’ sensato continuare a impegnare risorse umane e tecniche pubbliche lungo un percorso che si presenta già come una missione impossibile?
Che poi, a guardar bene, il danno principale nella gestione di tutta questa operazione sembra essere proprio quello democratico. Con la procedura accelerata della Variante ‘semplificata’ si sono ridotti da 60 a 30 – in piena era Covid - i giorni a disposizione dei cittadini, lasciati privi di informazione e di strumenti di partecipazione alle scelte, per formulare osservazioni, suggerimenti, proposte. Se poi aggiungiamo che a Palazzo Vecchio si è inteso cancellare anche l’estrema possibile finestra di intervento, quella della procedura di valutazione ambientale strategica, si capisce che il cittadino non ha avuto davvero la percezione di un’amministrazione amica.
“Quanto vale, in democrazia, la partecipazione?”, chiede Idra nella lettera al sindaco. E aggiunge: “Si dovesse contabilizzare un risarcimento del danno che deriva dal mancato coinvolgimento dei cittadini da parte dell’amministrazione pubblica, e moltiplicarlo per quanti siamo, a quanto ammonterebbe?
Forse anche su questo, pensiamo, si dovrebbe riflettere. Ne vogliamo parlare, gentile Sindaco?
Nella Sua risposta a Sergio Staino, Lei scrive: “Leggo e ascolto sempre con attenzione le critiche ben argomentate e ne faccio tesoro quando aiutano a migliorare o le dibatto senza tirarmi indietro quando ce n’è l’occasione”. Confidiamo che possa avvenire anche in questo caso sul tema che qui Le proponiamo”.