In Toscana, per effetto della pandemia e del lockdown "nel comparto vitivinicolo, ma nell'agricoltura in generale, quasi l'8% delle aziende rischia di chiudere”. E' l'allarme lanciato da Ritano Baragli, vicepresidente di Fedagripesca Confcooperative Toscana e presidente della Cantina sociale Colli Fiorentini, secondo cui i vini toscani sono stati particolarmente penalizzati dal crollo dei flussi turistici, e dal conseguente crollo del mercato Horeca, sbocco privilegiato delle produzioni di qualità.
"I vini toscani - spiega Baragli - così come quelli piemontesi, incontrano difficoltà nel momento in cui la ristorazione, l'Horeca sono fermi, non solo in Italia, ma anche negli Usa, in Russia e in altri mercati. Noi speriamo che la Cina sia uno dei primi mercati a riprendere con i consumi, ma si tratta di un mercato non di primissimo livello per i vini toscani. Per il Chianti, ad esempio, è poca cosa: i mercati di riferimento sono Usa, Germania, Svizzera. La sfida per i produttori è cercare nuovi mercati". Difficile, secondo il vicepresidente di Fedagripesca, per via della piccola taglia della maggior parte dei produttori toscani, e dopo che il Coronavirus ha vanificato l'impatto positivo atteso dalle operazioni di promozione messe in campo nei mesi scorsi.
Adesso, afferma Baragli, "lo Stato e l'Unione europea devono sostenere i nostri prodotti", visto che le misure messe in campo fin qui dal Governo mal si adattano al contesto toscano. "Il Ministero - spiega - ha messo in campo 100 milioni di euro per la 'vendemmia verde', che è una riduzione volontaria delle rese, ma qui le rese sono già basse. E non credo che qualcuno in Toscana farà distillazione per produrre alcool da usare come disinfettante: è una misura che va bene per chi produce vino da tavola, a un prezzo di 30 euro a ettolitro. Bisognerebbe adottare i provvedimenti che ha messo in campo la Francia, dove si distillano anche i prodotti a denominazione, ma si arriva a un prezzo di 70-80 euro a ettolitro".