29 MAR 2025
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In ricordo di Alvaro (Remo Guasti). Una vita per il sindacato e per gli altri

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In ricordo di Alvaro (Remo Guasti). Una vita per il sindacato e per gli altri In ricordo di Alvaro (Remo Guasti). Una vita per il sindacato e per gli altri © n.c.
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Scrivono dalla Camera del Lavoro del Mugello che pochi giorni fa ci ha lasciati Alvaro, un Compagno che molti Barberinesi hanno conosciuto e con cui hanno condiviso anni di impegno sindacale e sociale. Quindi hanno deciso di ricordarlo, cercando di ricostruire i passaggi essenziali della sua vita e del suo impegno, attraverso i ricordi di Giuseppe Aiazzi e Bruno Belli. Eccoli:

Remo Guasti, per tutti Alvaro, è stato uno di quegli italiani cui il fascismo ha rubato la gioventù; lui ha avuto la fortuna di poter vivere il resto degli anni; altri, giovani come lui, sono morti spesso lontano dalla propria terra. Nato il 30 dicembre 1921 si trasferì a Firenze con la famiglia vivendo l’infanzia e l’adolescenza negli anni del fascismo. “Libro e moschetto, fascista perfetto” era il motto del regime, la scuola e l’opera nazionale balilla erano i luoghi principe, dove si doveva formare questo tipo d’uomo pronto a morire per il fascismo e il duce. Ancora giovanissimo entrò a lavorare alla Pignone Nel giugno del 1940 l’Italia entrò in guerra a fianco della Germania e Alvaro fu arruolato in marina. Dopo l’ 8 Settembre 1943, data dell’armistizio con gli alleati, i tedeschi catturarono, insieme ad ingenti quantità di mezzi, numerosi militari italiani. Per loro la scelta fu fra l'adesione alla Repubblica di Salò o la prigionia in Germania; Alvaro, come tanti altri, finì prigioniero in un Lager della Prussia orientale, dove le condizioni dei militari italiani erano particolarmente dure. Con l’ avvicinarsi dell'armata rossa fu trasferito a marce forzate nel sud della Germania a lavorare in una fattoria . Finita la guerra riuscì a raggiungere con mezzi di fortuna Firenze ma, trovando la casa distrutta dai bombardamenti, ritornò a Barberino dove si trovavano sfollati i suoi genitori . Il ritorno a casa, fu il ritorno in una terra ferita dalla guerra, dove c’era da ricostruire tutto. La guerra aveva lasciato macerie materiali alle quali si aggiungevano quelle morali dopo venti anni di regime fascista. Quei giovani, che non avevano avuto nemmeno un alto livello di istruzione, ricostruirono case, strade, ponti e una cosa che in Italia nessuno ricordava: la Democrazia. Si svilupparono Partiti e Sindacati, le Case del Popolo e i Circoli Cattolici, nacquero Cooperative di lavoro e di consumo, tornarono libere le associazioni del volontariato, della cultura e dello sport, strumenti essenziali per la rinascita morale e culturale del paese. Alvaro iniziò da subito la sua attività politica  nel PCI e , rientrato alla Pignone, nel sindacato. Era comunista e membro della C.G.I.L. E partecipò da protagonista alle lotte politiche e sindacali del primo dopoguerra. Nel 1953 partecipò all'occupazione della fabbrica in risposta alla volontà della proprietà (SNIA Viscosa) di chiudere lo stabilimento con il licenziamento di 1700 operai . La vertenza si risolse con l’acquisizione della Pignone da parte del ENI, ma Alvaro , per la sua attività sindacale e politica , fu ugualmente  licenziato . Alvaro non si arrese e continuò a militare nel partito e nel sindacato, anche all’interno dell'Ospedale psichiatrico di San Salvi dove , dopo aver cambiato diversi posti di lavoro , era stato assunto. Insieme ad altri, donne e uomini generosi, che utilizzarono molto del loro tempo per migliorare la vita di tutti, partecipò non solo alle lotte politiche e sindacali per le riforme sociali e civili che, alla fine degli anni 60 e negli anni 70, cambiarono la vita degli Italiani, ma anche si impegnò nel quotidiano per risolvere i problemi delle persone. Non ci fu festa de l’Unità che non lo vedesse fra i protagonisti. Dal 1971 fu, per alcuni anni, presidente della Casa del Popolo di Barberino e si misurò con un nuovo impegno: organizzare attività ricreative e culturali. Alvaro aveva un fortissimo senso della socialità, per lui era naturale fare cose che servissero anche agli altri. Lasciata la Casa del popolo, tornò a occuparsi della Camera del Lavoro che, nel frattempo, aveva cambiato la propria organizzazione da comunale a zonale, costituendo il punto di riferimento per Barberino. Il suo amore per il sindacato lo portò a occuparsi dello Spi, il sindacato pensionati della Cgil, e poi dell’Auser, associazione di volontariato che impegna gli anziani in attività sociali. Alvaro trovò anche il modo di dare una mano quando nacque l’associazione della ginnastica artistica a testimonianza di un impegno civile e sociale che era il suo modo di vivere. Come ricorda Bruno Belli “Alvaro nascondeva, dietro un carattere apparentemente burbero, un uomo di profonda umanità e disponibilità, sempre pronto ad offrire il suo tempo per ciò in cui fermamente credeva, fino a che l'età glielo ha permesso”. Con Alvaro se ne va un altro pezzo della nostra storia comune, un uomo che “c’era”, che ha vissuto, anche un tempo di divisioni e di aspri conflitti ma nel quale non veniva mai meno il rispetto per le persone, non nemici ma avversari con i quali condividevi i valori fondamentali della vita civile sanciti dalla Carta Costituzionale. “Gli unici nemici”, come ricorda Giuseppe Aiazzi, “sono stati sia i terroristi fascisti, artefici delle stragi che da piazza Fontana in poi, per quasi venti anni, hanno insanguinato l’Italia, sia i terroristi falsi rivoluzionari che insieme ai primi hanno tentato di distruggere la Democrazia nel nostro paese”.

 

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