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Un lembo di paradiso nel Mugello: l'Abbazia di Moscheta

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Un lembo di paradiso nel Mugello: l'Abbazia di Moscheta Un lembo di paradiso nel Mugello: l'Abbazia di Moscheta © n.c.
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Dopo aver letto tutto quello che viene organizzato ed allestito nell’Alto Mugello e nella Valle del Santerno, in questo intenso periodo estivo di vacanze e villeggiatura, vogliamo ricordare, se pur brevemente, una piccola storia dell’Abbazia di Moscheta, Mille anni di fede e di storia mugellana.
Nella splendido “Dizionario Biografico Geografico e Storico del comune di Firenzuola” (il bel paese che il Santerno bagna/ si parla Tosco/ in terra di Romagna), edito nell’anno 1914 dal sacerdote don Stefano Casini, pievano all’epoca dell’antichissima Pieve di Santa Maria a Fagna in Comune di Scarperia, fra l’altro si  legge: “- San Giovanni Gualberto convertito il Venerdi Santo dell’ Anno 1003 dal miracolo del Crocifisso di San Miniato e poco dopo fuggito di Firenze per odio delle gran simonie che vi si commettevano, con un monaco suo meditabondo, sullo scorcio del 1007 saliva da Ronta di Mugello verso il nostro Appennino. Lo saliva in cerca di un qualche luogo deserto, dove con chi volesse seguirlo, poter fondare un monastero nuovo e della più severa disciplina. Egli non s’era convertito dalla vanità e dal fasto  del mondo per restar fino a mezzo! A questi luoghi avealo indirizzato Teuzzone, romito della Badia Fiorentina, assicurandolo che avrebbe da trovato “varietà di monasteri alla radice dè Monti e sulle costiere sull’asprissimo Giogo-“.
Non basterebbe certo questo semplice scritto per ricordare, menzionare e trascrivere la vita di San Giovanni Gualberto, il quale dopo aver fondato l’Abbazia di Moscheta (esattamente l’ Anno 1034) e successivamente quella di Razzuolo (1035), sui versanti dell’altrettanto aspra Colla, il grande Santo bloccato per mesi per non dire anni “dai ghiacci e dalle nevi che copiosamente investivano i contrafforti appenninici anche nella buona stagione”, si recò poi a Camaldoli e successivamente andò a trovare due romiti che si erano installati da tempo in luogo detto Vallombrosa, dove poi sorse appunto la monumentale Abbazia, nota in tutto il territorio nazionale, metà da secoli di pellegrinaggi e momenti devozionali. Quella di Moscheta invece, più piccola, più semplice, più nascosta, incastonata fra le rocce, bagnata dai rumorosi e gorgheggianti fossi del Veccione e del Vacchile, quest’ultimo che scorre in tutta la sua direttrice la leggendaria e pericolosa Valle dell’Inferno, che da Moscheta porta al Passo della Colla, l’Abbazia dicevamo dopo un lungo periodo di povertà si fece ricca , anzi dice il Casini “ricchissima” e quando passò nel 1400 a “Commenda” nel Campionario della Curia si trovano “commendatori” personaggi come il Cardinale Urbano Sacchetti (1652), il Cardinale Lorenzo Corsini (1706), il Cardinale Niccolò Lercari (1726), il Cardinale Giuseppe Ferroni (1757), il Cardinale Giulio Mannelli (1764) ed altri ancora. Ma con le riforme “Leopoldine” anche Moscheta, divenuta parrocchiale, nonostante l’intervento dell’Arcivescovo di Firenze Martini, dovette subire la chiusura seguendo nel tempo le Badie di Susisana, Crespino, lo stesso Razzuolo con la storia ci racconta che l’Abbazia di Moscheta fu addirittura razziata da tutti quei beni che aveva accumulato nel corso dei secoli. Abbandonata da Dio e dagli uomini, ridotta a piccola parrocchia con  pochissime anime, il degrado e l’abbandono, segnatamente nel XIX secolo, portò quasi alla rovina e alla decadenza questo piccolo gioiello voluto mille anni orsono da Giovan Gualberto. Passano gli anni, Moscheta è teatro di duri combattimenti durante la seconda Guerra Mondiale (1940/1945), si installa un comando tedesco, si accendono piccole battaglie fra partigiani e soldati tedeschi, poi  giungono i “liberatori”, ma l’Abbazia viene ancora degradata e spogliata, ma quando sembrava che l’oblio - e i rovi -  ricoprissero tutto, nella seconda metà del secolo scorso, gli Enti governativi competenti (Regione, Provincia, Comunità Montana, Comuni di appartenenza amministrativa), diedero inizio a lavori di recupero e di restauro, che durarono molti anni. Ad oggi l’Abbazia è bella e rimpulizzita; splendido il grande chiostro dove durante la stagione estiva viene animato da concerti, commedie, danze rinascimentali, rievocazioni storiche e di costume; è stato addirittura restaurato il piccolo cimitero dove riposano i vecchi abitanti di Moscheta; negli ampi locali dell’Abbazia è installato un Museo storico del paesaggio, della fauna, della flora e dei mestieri; sono stati aperti alcune ristorazioni con tipici prodotti locali; un campeggio sulle battigie del torrente Vacchile, dove ancora si possono pescare i granchi e i gamberi di fiume (vuol dire che le acque sono purissime!), è immerso nel verde e nel silenzio; ancora locali adibiti a camerate per gli appassionati di trekking, dove possono trovare ospitalità nella notte; un maneggio di superbi cavalli, gioia dei bambini e degli adulti che possono andarsene in lungo e in largo nei boschi e nei sentieri sulla sella di questi destrieri buoni e robusti, danno maggiormente un senso di libertà, di spirito libero, di una natura ancora fortunatamente incontaminata. Questa è una povera e semplice storia di Moscheta con la sua secolare Abbazia a destra dopo il Passo del Giogo, scendendo verso Firenzuola subito dopo la chiesetta di Santa Maria a Rifredo, dove il tempo pare che si sia fermato ad incorniciare uno dei lembi più belli di  terra mugellana. Ci eravamo dimenticati; San Giovanni Gualberto spirò a Passignano: aveva  88 anni, il 12 luglio dell’Anno del Signore 1073. Una ultima annotazione; alcuni amici nelle solite serate di fine estate, la serale discussione  è caduta sulla famosa frase che abbiamo citato all’inizio: “Il bel paese che il Santerno bagna, etc ,etc…”, è una leggiadra perifrasi  composta dall’avv. Domenico Vignoli di Firenzuola, scomparso il 5 gennaio 1907 all’età di 43 anni. Quindi niente D’Annunzio, ne tantomeno il Brocchi, il Chini e il Niccolai, ma di questo giovane legale nativo di Firenzuola,  prematuramente scomparso. Grazie dell’attenzione.  (Aldo Giovannini)

Foto 1 : Una antichissima effige di San Giovan Gualberto, fondatore dell’Abbazia di Moscheta, San Paolo a Razzuolo e Vallombrosa. .          
Foto 2 : Anno 1908 ca. Ingresso dell’Abbazia di Moschea
(Archivio Storico Fotografico A.Giovannini)

 

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