Con l'avvio dell'anno scolastico 2023/24 abbiamo preparato questo dossier per approfondire lo staus quo sulla situazione delle scuole italiane e sulla differenza che c'è in quanto a istruzione fra chi vive nelle città e chi nelle cosiddette aree interne.
Sfatando anche qualche leggenda metropolitana...
Cosa sono le aree interne?
Vengono definiti "aree interne" quei territori del Paese più distanti dai servizi essenziali (istruzione, salute, mobilità).
Trattasi (dati 2021) di circa 4.000 comuni, dove abitano 13 milioni italiani: Luoghi a forte rischio di spopolamento (in particolare da parte delle fasce più giovani della residenza),e dove la qualità dell’offerta educativa risulta spesso compromessa.
I comuni "polo"
Per definire quali comuni ricadono nelle aree interne, per prima cosa vengono definiti i comuni “polo”, cioè quelle realtà che offrono contemporaneamente (da soli o insieme ai confinanti:
1 - un’offerta scolastica secondaria superiore articolata (cioè almeno un liceo – scientifico o classico – e almeno uno tra istituto tecnico e professionale);
2 - almeno un ospedale sede di Dea primo livello
3 - una stazione ferroviaria almeno di tipo silver (impianti medio-piccoli con una frequentazione media per servizi metropolitani-regionali e di lunga percorrenza)
Le aree interne si suddividono a loro volta in 3 categorie sempre in base alla distanza dal polo:.
Comuni area interna
Una volta stabiliti i poli sono state definite le soglie,in base alla distanza in termini di tempo da questi centri.
Un comune è considerato di cintura se si trova entro 27,7 minuti dal polo più vicino Tra 27,7 minuti e 40,9 è intermedio. Tra 40,9 e 66,9 è periferico. Oltre i 66,9 minuti è ultraperiferico.
Territori, comuni e abitanti
Sono 22 milioni gli abitanti delle aree interne con crescita di residenza nei comuni di cintura mentre diminuiscono negli intermedi.
8 milioni di essi vivono nei comuni intermedi, oltre 4,6 milioni abitano i comuni periferici, mentre 720mila sono le persone che vivono in aree ultraperiferiche (cioè comuni, perlopiù montani o isolani, distanti almeno 67 minuti dal centro più vicino).
Quasi 4.000 comuni (ovvero circa la metà del totale) ricadono nelle aree interne con territori che coprono il 58,8% della superficie nazionale.
Spopolamento e ri-abitare
Dal dopoguerra come è ormai noto, l'Italia "interna" ha subito una progressiva marginalizzazione. La popolazione residente è diminuita, così come il livello di occupazione e l'offerta di servizi. Processi che si sono accompagnati ad altri di pari o superiore gravità, come il dissesto idrogeologico.
Processi che fino a poco tempo fa parevano irreversibili.
Le scelte politiche di tanti piccoli borghi e una voglia di ritorno alla natura sta invertendo la tendenza.
Uno studio del 2021 dell' Associazione Giovani Dentro realizzata dall’associazione Riabitare l’Italia conferma questo ma non solo. Sono gli strati più giovani della popolazione a voler tornare a vivere nel verde.
Sono infatti il 67% i giovani che affermano di voler rimanere nelle aree interne in cui vive. Non solo, il 70% ha terminato gli studi e il 65% è entrato nel mondo del lavoro e fra questi il 42 % del campione è assunto a tempo indeterminato.
Le motivazioni?
Iil forte legame con la comunità (65 %), la possibilità di contatti sociali più gratificanti (68%) e la migliore qualità della vita (79%).
I giovani vogliono essere però coinvolti e nelle piccole comunità il coinvolgimento c'è. Quasi il 40% dei rispondenti dichiara di avere abbastanza voce in merito alle decisioni che influenzano la propria comunità e lo sviluppo del proprio territorio.
L'istruzione
Dal punto di vista dell'istruzione questi territori incontrano spesso forti problematiche, che oggi non rispondono alla realtà dato che non c'è più la tendenza allo spopolamento.
L'offerta educativa (e la sua stessa qualità) è compromessa dalle difficoltà di spostamento e dalla tendenza alla forte mobilità degli insegnanti.
Oltre l'80% dei comuni nelle aree interne non ha nessuna scuola superiore statale. Il 39% non ospita neanche una scuola media.
Il ruolo del sistema scolastico e in generale dell'offerta di servizi rivolti ai minori quindi decisivo al fine di invertire la tendenza dello spopolamento.
La scuola è chiamata a diverse funzioni, come riportato nella "strategia nazionale per le aree interne".
Tra queste, quella di offrire alle ragazze e ai ragazzi le competenze per decidere in autonomia se andarsene o restare; ma anche garantire gli strumenti che consentano di restare dove sono nati. Inoltre nelle aree interne il ruolo delle scuole, biblioteche e servizi come presidi territoriali, oltreché educativi, è ancora più importante.
Il ruolo primario dell'istruzione nell'invertire la tendenza allo spopolamento
Le province con più minori residenti in aree interne (l’8,6% dei bambini sotto i 2 anni vive in questi comuni interni) sono anche quelli destinati a spopolarsi maggiormente nei prossimi anni se non si offre il primario servizio dell'istruzione
Questo emerge se si incrociano i dati sulle previsioni demografiche di Istat al 2030 (formulati su uno scenario mediano) con quelli sull’incidenza di minori in comuni periferici e ultraperiferici.
Nei territori delle aree interne dai servizi educativi attuali è commisurato lo spopolamento in corso e previsto per il futuro. Lei politiche pubbliche in materia di istruzione sono quindi la chiave per il futuro del paese..
Ovviamente nidi e altri servizi rivolti ai minori, come quelli scolastici, sono solo una parte, seppur importante, di una strategia per fermare declino demografico.
Rimanendo al tema istruzione ad oggi la difficoltà permane alta nel proseguimento del percorso di studi con il cruciale tema dei trasporti oggi carenti e inadeguati per raggiungere le scuole vicine e poi è la stessa offerta scolastica di questi territori a essere solitamente più carente.
Rimane però il determinante ruolo dell'offerta scolastica 0 -11.
Il caso San Godenzo
L'andamento demografico storico di San Godenzo che si rileva dai censimenti della popolazione dal 1861 al 2021 Istat ci offrono uno specchio tradizionale rispetto al resto delle aree interne d'Italia.
Nel 1861 la popolazione era di 3.387 abitanti e nel 2021 di 1080.
In questi centocinquanta anni il calo più evidente si realizza nel dopoguerra con il boom economico e lo spostamento verso i grandi centri.
Ricordando che il censimento è decennale nel 1961 la popolazione cala calata del 31,3%, nel 1971 è al -35,6%, nel 1981 al -18,8%, nel 1991 al -4,9%.
Il trend si è poi fermato recuperando un + 7,4% nel 2001 e un + 3,7% nel 2011 per poi riperdere il -13,9 nel 2021.
Siamo nella fase di plateau ma "il bilancio naturale demografico" fra nascite e decessi dal 2002 al 2021. (escluso l'anno del covid 2020) segna un costante trend positivo che fa ben sperare e che è frutto dell'illuminata politica educativa e scolastica di San Godenzo oggi modello italiano della "scuola senza zaino".
50%".