
Giovedì 20 marzo si è svolta presso il Tribunale di Firenze la prima udienza del procedimento penale per diffamazione intentato da Sergio Pietracito nei confronti di Giuseppe Aversa e altri membri del Comitato Minori Abbandonati dallo Stato. Durante l'udienza, la difesa degli imputati ha cercato di introdurre elementi che hanno immediatamente suscitato perplessità. In particolare, è stata avanzata la richiesta di citare come testimoni l'avvocato Giovanni Marchese, attuale legale di Sergio Pietracito, e la dottoressa Galeotti, pubblico ministero, figure evidentemente coinvolte nel procedimento sotto il profilo istituzionale. Il giudice di pace, valutando l'inopportunità e l'inammissibilità di tali richieste alla luce del ruolo ricoperto da entrambi nel processo, ha rigettato le istanze presentate dalla difesa.
Nel corso dell'udienza, Pietracito ha avanzato una richiesta simbolica di risarcimento pari a un centesimo di euro per ciascun imputato, proprio per sottolineare l'aspetto non lucrativo della sua azione giudiziaria. Al centro della vicenda, una e-mail inviata nel maggio 2020 a numerosi parlamentari e istituzioni toscane contenente gravi affermazioni diffamatorie ai danni di Pietracito, accusato di manipolazione e doppi giochi nella gestione dell’Associazione Vittime del Forteto.
Nel documento di costituzione di parte civile, Pietracito - che per dodici anni ha vissuto all'interno della comunità-setta Il Forteto, subendo abusi e sfruttamento - denuncia un chiaro intento di screditamento nei suoi confronti, orchestrato proprio da alcuni di coloro che, paradossalmente, dovrebbero condividere con lui la lotta per la verità e la giustizia. L'e-mail contestata, infatti, accusa Pietracito di comportamenti simili a quelli di Rodolfo Fiesoli, il fondatore della setta, insinuando che egli selezioni le vittime "gradite" e isoli quelle scomode.
Le accuse, trasmesse direttamente a figure istituzionali come deputati e senatori della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Forteto, oltre a Riccardo Nencini, Caterina Biti, Laura Bottici e Giovanni Donzelli, sono arrivate poche settimane dopo le critiche che Pietracito aveva rivolto pubblicamente al progetto "Oltre", istituito dalla Regione Toscana per il supporto alle vittime. In particolare, il presidente dell'Associazione Vittime del Forteto aveva messo in dubbio l'efficacia dell'affido di alcuni minori, il ruolo ambiguo di alcune psicoterapeute (come evidenziato in questo articolo) e la mancata gestione trasparente dei risarcimenti.
“Una campagna di discredito che ha causato un grave danno morale e d'immagine”, si legge nell’atto, dove Pietracito sottolinea come nove degli undici firmatari del messaggio non fossero nemmeno presenti al Forteto nel periodo in cui lui vi ha vissuto.
L'udienza del 20 marzo rappresenta dunque un momento chiave per ribadire il valore della testimonianza di chi ha avuto il coraggio di denunciare e ricostruire, e per difendere il diritto a un impegno civile libero da intimidazioni e falsità.