30 MAR 2025
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Margheri, restauratore di Borgo, intervistato da 'Casa Antica'

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Margheri, restauratore di Borgo, intervistato da 'Casa Antica' Margheri, restauratore di Borgo, intervistato da 'Casa Antica' © n.c.
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Dalla prestigiosa rivista bimestrale “Casa Antica – Ristrutturare con pietra, ferro, legno e cotto”, (Sede sociale ad Argenta in comune di Ferrara), con il permesso dell’amico Giuseppe, stralciamo per tutti gli amici, i clienti e gli estimatori, una lunga e significativa intervista a cura di Luca Maria Barani, che ha realizzato con Giuseppe ”Beppe” Margheri”, titolare a Borgo San Lorenzo di “Margheri Antichità” (Il Tarlo alle Concie tanto per esser chiari).

Barani si è portato a fare quattro chiacchiere con l’amico carissimo Giuseppe e con la moglie Monica Ficini nella sede di Borgo San Lorenzo in via Caduti di Montelungo, restando ovviamente piacevolmente sorpreso da tutto quello che gli si è presentato davanti. Ringraziamo il giornalista e Margheri per averci dato la possibilità di inserire sul Sito Web OK!Mugello questa intervista, così possiamo far meglio comprendere a tutti i nostri affezionati lettori, cosa vuol dire vivere e lavorare con passione e competenza un lavoro artigianale, il falegname, che è stato uno dei mestieri più nobili nel corso dei secoli.

Ed ecco l’intervista completa di Luca Maria Barani della rivista “Casa Antica”.

Fantastici toscani. Ci si intende al volo. Forse perché sono i “padroni” della lingua italiana. E colgono immediatamente ogni parola, ogni sfumatura. E, ancora, perché i toscani sono abituati a una franchezza disarmante. Nelle interviste, le loro risposte sono sempre dirette e puntuali.

Quando si parla di case antiche, poi, ci si comprende con straordinaria facilità. Perché in Toscana la tradizione del recupero (in tutte le sue forme) vanta una tradizione lunga, lunghissima. E – lo abbiamo sempre scritto – i materiali della tradizione sono nel Dna di chi vive in quelle città straordinarie, piene di cultura, di arte, di storia. Difficile immaginare un interlocutore più toscano di Giuseppe Margheri, titolare di Margheri Antichità, a Borgo San Lorenzo (FI), nel cuore del Mugello. Giuseppe si occupa della raccolta e del restauro di mobili antichi della tradizione toscana. E questa caratterizzazione regionale è formidabile.Ne siamo rimasti folgorati sin dalla prima volta, quando lo abbiamo incontrato nello stand di Petra. Eravamo a Modena, ma ci sembrava di varcare la soglia di una dimora più toscana delle dimore toscane – perdonateci l’inevitabile gioco di parole – da noi visitate (che sono davvero tante).Giuseppe è nato in Mugello a Piazzano, a poche centinaia di metri dalla casa natale di Giotto, e ha sempre vissuto a Borgo San Lorenzo. È sposato con Monica Ficini, restauratrice e suo imprescindibile braccio destro. La coppia ha due figli: Martino, 30 anni, laureato in storia dell’arte, lavora a Firenze alla Strozzina, una fondazione che si occupa d’arte contemporanea, e Giulio, 25 anni, laureato in Architettura, che attualmente è a Mosca per un master. Di Giuseppe sappiamo anche che è appassionatissimo di arte romanica, del mondo antico e, in particolare, dei libri (“Ho un debole per i saggi storici e per i libri che parlano di libri”). Basti dire che, per qualche tempo, ha lavorato come bibliotecario.A 27-28 anni la svolta: l’incontro con Monica, originaria del Chianti e diplomata all’Accademia di Belle Arti di Firenze. E la decisione di aprire un piccolo laboratorio di restauro. “Abbiamo cominciato per scherzo, con l’incoscienza dei ventenni. Ed è diventato il lavoro della nostra vita”. In realtà i presupposti c’erano tutti. Monica si occupava già di restauro, di stampe, di cornici, di dipinti... Il restauro del legno e delle decorazioni su legno ha rappresentato un passo naturale. Giuseppe, invece, è cresciuto nella falegnameria di famiglia. Era falegname il papà Lorenzo, era falegname il nonno Raffaello, ed erano falegnami gli zii, Alfonso e Giorgio. E come tutti i linguaggi acquisiti da bambini, per gioco (“I miei primi lavoretti? Carrettini su ruote e altri giocattoli”), Giuseppe ha maturato un misterioso, formidabile istinto per l’arte del legno. Quello che, da grandi, si può conquistare - sempre che lo si acquisisca - solo a costo di grandi sacrifici. Per Giuseppe, invece, era una sorta di seconda lingua già interiorizzata. E i riscontri ottenuti da lui e da Monica sin dagli esordi parlano chiaro.

I vostri fiori all’occhiello?

I mobili della tradizione toscana.Stipi, credenze, tavoloni, armadi, librerie, porte... Li acquistiamo e li restauriamo. Li cerchiamo presso i nostri colleghi e nella campagna,tra fattorie e dimore padronali: mobili laccati o dipinti, arredi permeati di una fragranza tipicamente e inconfondibilmente toscana. Non solo: acquistiamo anche mobili incompleti e legno di recupero. E con questo realizziamo arredi su misura. A richiesta, possiamo duplicare, ricostruire o reintegrare perfettamente un vecchio mobile o costruire ex-novo con materiale antico.

D. La sede. È la stessa degli esordi?

R. Dal 1980, quando siamo partiti, abbiamo cambiato sede almeno tre volte. Il lavoro cresceva. Servivano spazi più grandi. Dal 1984 siamo qui. È un’antica costruzione del ‘500. Nell’800 era una conceria per la pelle. Dall’esterno sembra un normale palazzo. Ma basta entrare per rimanere colpiti da bellissime volte a crociera.

D. La ricerca dei materiali. Girate molto?

R. Per la Toscana, ma anche in altre regioni, Piemonte, Umbria, Veneto, Marche… I mobili hanno sempre viaggiato. I proprietari se li portavano dietro. Può sembrare incredibile, ma la più bella credenza toscana del ‘500 apparsa sul mercato era a New York. In Svizzera, ho trovato un bello stipo umbro del‘600, arredi toscani nel sud della Francia e uno straordinario vaso Chini a Londra.

D. Una curiosità: ci sono province o angoli toscani dove è più facile recuperare materiali interessanti?

R. Sicuramente sì. Penso alle province di Firenze e di Siena. C’è anche Arezzo, dove il linguaggio toscano risente della vicinanza all’Umbria. E c’è Lucca, dove si trovano molti mobili del ‘700-800, di gusto neoclassico, molto eleganti.

D. Esistono mobili più richiesti?

R. I tavoli e le librerie. Poi gli armadi. Dipende dai periodi. Perché anche il mercato dell’antico vive di fasi. Personalmente, ho sempre avuto un debole per gli stipi, i piccoli armadietti a due ante. I vostri collaboratori fondamentali? Per il passato: Piero Nocera, un bravo artigiano, oggi pensionato.

Giovanni Paterna, uno straordinario doratore. Vincenzo Scimè, grande restauratore, purtroppo scomparso. Giorgio Margheri, mio zio, bravissimo falegname con cui ho collaborato a lungo. E Mirco Piovanelli, restauratore, che ha lavorato con noi per una decina d’anni.Per il presente: Davide Naldi, un ragazzo in gamba: è cresciuto nel nostro laboratorio ed è diventato un talentuoso restauratore. E poi i bravi Alessandro Mirannalti e Roberto Vieri.

Qual è il talento che fa il bravo professionista nel suo campo d’azione? Passione. Curiosità. E grande amore per la storia del mobile. Un bravo restauratore deve coniugare capacità manuale e conoscenza della storia degli oggetti e del loro stile. Colori, forme, simboli, stili... Tutto è legato. E senza queste consapevolezze non è possibile occuparsi d’antico. Le soddisfazioni più belle del suo ruolo? Quando consegno un mobile e il committente è così contento del risultato che corre ad abbracciarmi. Quando con i clienti nascono rapporti d’amicizia veri, sinceri.

Quando realizzo uno stand bello per una mostra. Quando incontro gente che non conosco, che si innamora al volo dei miei mobilie si fa fotografare fra i nostri lavori, com’è successo con due o tre persone alla mostra di Cortona. C’è un’altra bella soddisfazione:il mio lavoro mi ha permesso di conoscere a fondo Firenze el’intera Toscana. E ad amarle profondamente. Le lezioni più illuminanti sono state quelle di alcuni appassionati stranieri che vivono nel nostro Mugello. E gli aspetti più faticosi? Spostarsi continuamente.

Quand’ero un giovanotto era divertente. Ora è un po’ più difficoltoso. Non tutti ci pensano, ma la partecipazione a una fiera o a una mostra, per noi, è come un trasloco vero e proprio. C’è un maestro, una figura da cui ha imparato tanto?

Per la storia dell’arte devo molto è Federico Zeri. Non l’ho conosciuto personalmente, ma i suoi libri sono stati illuminanti. Un’altra figura importante è Marco Fagioli, direttore artistico della Casa d’Aste Farsetti, carissimo amico, una miniera di conoscenze nel campo dell’arte. Per il restauro: mio padre Lorenzo e lo zio Giorgio, grandi falegnami. E ancora Renato Landi, Beppe Fossati, Simone Chiarugi, grandi restauratori di mobili, e Marco Zazzeri per le laccature.

Quant’è cambiato il mercato dell’antico dai suoi esordi? Tanto, tantissimo. Siamo cambiati noi. Ed è cambiato il gusto. Basta guardarsi attorno nelle fiere. Come si rimane in sella? Certe volte sembra di essere una categoria in via d’estinzione. Forse occorre adeguarsi ai nuovi tempi.

Ma l’antico è un mondo a parte. Ci sono bravi antiquari che sanno poco di marketing. C’è chi si adatta alle nuove tecnologie e chi, invece, insiste sulle stesse cose di sempre, come noi, per esempio, che cerchiamo di sopravvivere sperando in tempi migliori. L’incarico di cui va più fiero? Forse uno dei lavori più belli è stato il restauro della Farmacia di Santo Spirito a Firenze, una piazza stupenda, uno degli scorci cittadini più veri e affascinanti.

E poi tutti i lavori realizzati per la Banca Federico del Vecchio di Firenze, che, per lunghi anni, abbiamo rifornito di mobili, stampe, ceramiche, orci e... libri. I colleghi. Li conosce personalmente? Capita di dialogare? Sì. Fra i colleghi ho molti amici. E il dialogo fra noi è, in assoluto, uno degli aspetti più belli del mio lavoro. Fra i materiali che sono passati fra le sue mani, ce n’è qualcuno che non ha dimenticato?

Ci sono mobili antichi mugellani che non ho mai venduto. Li conservo con affetto nella mia abitazione. Insieme a questi, un’antica scultura lignea che tengo da sempre in casa e diventata, col tempo, il santo protettore della mia famiglia. Cos’è per lei una bella ristrutturazione?

È armonia. Quando entro in una casa cerco l’equilibrio, il senso delle proporzioni fra il paesaggio e la casa, fra l’ambiente e i suoi arredi. Non importa che i mobili siano particolarmente importanti. Anche in un mobile, più di un particolare, è la proporzione e l’armonia dell’insieme che fa la differenza. Questo vale per un volto di donna, per un’architettura, come testimonia da sempre la sezione aurea. Per me quest’armonia è una chiave di lettura imprescindibile. Il mio amico Renato Landi, un restauratore bravissimo del mio paese, chiamava il “chene”, l’armonia segreta della proporzione.

Quindi una ristrutturazione, per essere ben riuscita, deve possedere il “chene” di Renato Landi. Un consiglio da rivolgere a chi sta ristrutturando una casa antica? All’inizio consiglierei di leggere “Delle case de’ contadini”, di Ferdinando Morozzi. È un manuale del ‘700, periodo dei Lorena, sulla costruzione della casa colonica in Toscana. Può essere una miniera di spunti illuminanti, per tutti. Poi consiglierei di puntare sui materiali giusti (sembra scontato dirlo, ma non lo è) che rappresentano il segreto di un buon lavoro.

Poi, affiderei questi materiali a bravi artigiani. Sono loro che possono fare la differenza. C’è chi dice che sia difficile trovarli. In realtà, gli artigiani bravi ci sono ancora.

Ristrutturare bene significa spendere molto? Assolutamente no. Significa spendere con intelligenza. La prima cosa che guarda entrando in una casa antica? L’armonia, come ho già detto. E poi la luce. Per me è fondamentale.Ci sono case belle e curate, ma talmente oscure da sembrare manieri o prigioni… Secondo me la poca luce ha ripercussione anche sull’umore. L’ingenuità più ricorrente?

I pavimenti e gli infissi industriali. Ho visto case antiche dalle grandi potenzialità, rovinate da porte e finestre con brutte maniglie. Ultima domanda: la sua giornata-tipo? La mia giornata comincia presto. E, quando non sono in viaggio, è scandita da rituali precisi. Mi sveglio alle 6. Alle 6.30 sono già al bar, dove leggo il giornale e scambio quattro chiacchiere con gli amici mattinieri.

È uno dei momenti più belli della giornata. Alle 7 passo dal fornaio, dove compro la schiacciata per i miei collaboratori. Un salto in edicola dal mio amico Giovanni Mei e poi dritto in magazzino. Interrompo il lavoro solo per il pranzo. Monica e io abbiamo gioco facile: abitiamo proprio sopra il magazzino. Alla sera, invece, stacco intorno alle 20. Mi concedo una bella cena. Amo la buona tavola: sono anche socio Slow Food.

E mi piace organizzare pranzi e cene con gli amici. Un appuntamento annuale imperdibile è il pranzo di San Giuseppe. Per tradizione, il 19 marzo, chi lavora il legno va a mangiare con i colleghi. E noi organizziamo una bella tavolata nel nostro magazzino: si mangia, si suona, si canta, si recita in ottava rima…

Nelle serate meno festaiole, invece, vado a trovare o telefono agli amici, guardo la tv, leggo. Se vado a letto presto? Non direi. Se sono con gli amici e i discorsi mi appassionano, non guardo l’orologio. E se sono a casa, alle prese con un libro che mi piace, fo’ nottata a leggerlo.

Giuseppe Margheri e la moglie Monica Ficini. Nel 1980 hanno aperto il loro laboratorio-atelier : “abbiamo iniziato quasi per scherzo. Ed è diventato il lavoro della nostra vita”, ci ha raccontato Beppe. ( Foto tratta dalla Rivista”Casantica” – copyiright 2013)

 

Un interno della sede di Margheri Antichità. Il magazzino, con laboratorio di restauro, si trova a Borgo San Lorenzo (Firenze), in via Caduti di Montelungo 7. (Foto tratta dalla Rivista “Casantica – copyright 2013)

 

Alcuni particolare di mobilio, vetrine, scultore, bassorilieivi, dipinti, vasellame, etc, etc, all’interno del laboratorio artigianle di Beppe Margheri ( Foto tratta dalla rivista “ Casantica”- copyright 2013)

 

Falegnami, stipettai, artigiani del legno, cantori, poeti ed amici a tavola da Beppe Margheri all’interno del laboratorio. Convivio tradizionale, il 19 marzo, per la festa di San Giuseppe. (Foto A. Giovannini)

Beppe Margheri, al centro fra cantori e poeti in ottava..rima; Dario Biancalani a sinistra e Antonio Ciani a destra. (Foto A.Giovannini)

 

 

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Commenti 3
  • franca

    alcuni anni indietro la ditta Margheri mi restaur un vecchio mobile. E' sempre uguale!

    rispondi a franca
    dom 2 febbraio 2014 09:28
  • gianni

    CARLO, VOLEVO SCRIVERE LE STESSE COSE, MI HAI PRECEDUTO DI POCHI MINUTI.

    rispondi a gianni
    dom 2 febbraio 2014 06:10
  • carlo

    una eccellenza del nostro Mugello, complimenti alla famiglia Margheri e a Giovannini che ci ricorda tante belle cose della nostra terra.

    rispondi a carlo
    dom 2 febbraio 2014 06:09