Via, non scherziamo! Parliamoci chiaro, senza ipocrisie... in assenza di sensazionalismi, l'audience non sale. Basterebbe fare una giratina in libreria, luogo ormai sconosciuto ai più...ma pur sempre ricco di sorprese. Ogni mese, una nuova pubblicazione corredata da titoli inneggianti a scoperte, curiosità, complotti. L'ignoto, l'oscuro, il non capito, stimolano la mente e cercano di distinguersi dall'ormai onnipresente banalità. Si delega a terzi il dover conservare e trasmettere, senza riflettere che anche noi stessi, in base alle nostre competenze ed interessi, potremmo essere anelli di una catena di segnalazioni e conoscenze.
Mi astengo da commenti in merito: non sono nessuno e nel mio piccolo voglio rimanere. Vorrei solo sottolineare un fatto, un insignificante aneddoto, una quisquilia, incontrata in una notte passata insonne tra letture improbabili.
Ma andiamo con ordine: se qualcuno ogni tanto mi legge, saprà, forse suo malgrado, che sono ancorato ad ormai anticate tradizioni... forse stantie. Ritengo fermamente, tra le tante cose, sicuramente sbagliando - dati i tempi - che una penna sia ancora una penna, un foglio di carta un foglio di carta, il babbo e la mamma ancora babbo e mamma e così via. Essendo nato in una famiglia che da più di cinquecento anni ha una casa a Ronta del Mugello, mi sono trovato ad interagire con la Storia nel senso più bello. I miei antecedenti, mi hanno lasciato - oltre a sgualciti ritratti sorridenti - quattro mura ormai scalcinate e molti, molti libri. C'era un tempo in cui i libri erano libri. La carta stampata era un veicolo di diffusione d'idee serio (anche se le amenità nei “discorsi” umani non sono mai mancate). Il '700, per esempio - tutti lo sanno - con la sua età dei lumi, fu grande propagatore di nuove ricerche scientifiche.
Proprio in quei periodi, un grandissimo personaggio, ormai obliato - Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon (1707-1788), francese di spirito e di nascita - “compose” tra il 1749 ed il 1788 un'opera monumentale, che avrà un'importanza enorme anche tra naturalisti e scienziati di epoche successive. L'“Histoire naturelle, générale et particulière, avec la description du Cabinet du Roi” è una pietra miliare nelle ricerche delle scienze naturali. In 36 volumi, l'autore, suddividendo le materie di analisi in varie branche - “Teoria della terra, quadrupedi, uccelli, pesci, minerali,” più vari supplementi inerenti anche alla “geologia” - offre allo studioso, appassionato o semplice cultore, con stile chiaro ed elegante, un incredibile ed esauriente resoconto di storia della natura. Avvalendosi di collaboratori (inutile dirne i nomi, verrebbero subito ignorati) esperti in specifici settori, aprì la strada a diversificati approcci di studio, che poi porteranno - in epoche successive e con altre mentalità - anche alle teorie evoluzionistiche.
Tessere le lodi di questo trattato sarebbe ormai difficile; bisognerebbe aver sotto mano il testo, le bellissime tavole ed immedesimarsi negli anni in cui venne scritto per comprendere appieno la grandiosità dello stesso. Buffon ed i suoi colleghi, nella stesura di questa fatica si servirono anche di corrispondenti stranieri. Personalità selezionate e serie, le quali si adoperarono nel segnalare agli autori alcune specie, tra quelle animali e non solo, dotate di particolari e singolari caratteristiche.
Anche dalle nostre piccole realtà campagnole partirono lettere, in cui spesso e volentieri si annunziavano curiosità impreziosite da un certo - se si vuole - mistero. Degna di nota è quella che vorrei portare alla vostra attenzione. Si tratta di un volatile, a quanto pare ritenuto dagli studiosi della “Storia Naturale,” estremamente raro, per non dire quasi introvabile, se ha avuto l'onore di essere ricordato. Il pennuto in questione, un'upupa dotata di piumaggio elegante e particolare, a quanto pare così diversa da quelle che invece spaventavano il Foscolo nelle sue funeree descrizioni dei Sepolcri, svolazzava tra i poggi di Ronta, (altolocata dall'ignaro destinatario d'oltralpe come città), almeno fino alla fine del '700.
Il WWF e la LIPU non esistevano ed i censimenti animali impensabili, ma nonostante questo ci fu chi, come il marchese Gerini, proprietario - tra l'altro - di una villa al Poggio, ebbe la fortuna di avvistarla e rendersi conto della sua peculiarità. Infatti, in uno dei tomi dedicato agli “Uccelli”, della celebre “Storia” del Buffon - nell'edizione posseduta da me, pubblicata a Livorno nel 1831, precisamente al T. XXXV, (essendo un'edizione postuma e tradotta dal francese ha più volumi dell'originale) a p. 57 - nella parte relativa alle “Varietà dell'Upupa” si può leggere questo: “Finalmente il marchese Gerini ha veduta a Firenze, e riveduta nelle Alpi, vicino alla città di Ronta, una bellissima varietà, il di cui pennacchio era contornato di turchino celeste”.
Chissà quanti animali, vegetali od altro, un tempo comuni tra i nostri boschi sono estinti, ignorati nel loro essere perché banali e poco interessanti. Una notizia non conosciuta da molti, la quale dovrebbe farci riflettere sull'osservare meglio cosa passa “sopra” o sotto le nostre teste.....
Nella foto: Un'Upupa in una stampa d'epoca
Aldo Giovannini
CONCORDO CON IL LETTORE SIGNOR GIOVANNI CANTINI, BRAVISSIMO PIER TOMMASO.SE TANTI GIOVANI AVESSERO LA TUA SENSIBILITA'.
Giovanni Cantini
Complimenti Tommaso, sempre un piacere leggere i tuoi articoli. Come il marchese Gerini anch'io, poche settimane fa, ne ho vista una svolazzare sul tratto di strada tra Arliano e Campestri, ma non pensavo fosse una rarit il loro avvistamento. Un caro saluto, Giovanni